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Come cambiano le masterclass: a tu per tu con Daniela Barcellona

di Filippo Simonelli - 26 Agosto 2022

Le masterclass sono una sfida decisiva per i giovani studenti che vogliono fare quel salto di qualità e uscire dalla dimensione della didattica tradizionale e frontale dei conservatori. Spesso sono un banco di prova per misurarsi col grande docente e mettere alla prova il proprio spessore in un contesto diverso rispetto a quello da cui proviene la propria formazione.

La “forma-masterclass” ha i suoi pregi, tra cui quello di far incontrare a chi aspira di fare della musica la sua carriera dei grandi interpreti già affermati, ma anche dei difetti, spesso legati alla brevità con cui l’esperienza si consuma. Ne abbiamo parlato con Daniela Barcellona, celebre mezzosoprano specialista nei ruoli del repertorio rossiniano, a margine proprio di una sua masterclass.

Dal punto di vista del docente, cosa ci si aspetta da una masterclass di canto lirico?

Sono vari gli aspetti di una masterclass su cui lavorare.

Anzitutto dei consigli dal punto di vista interpretativo, vocale e tecnico. Ma sicuramente anche dei consigli dal punto di vista pratico, su come affrontare un’audizione dd esempio, perché spesso un’audizione andata male non è per forza una cosa negativa, ma anzi bisogna capire  su cosa lavorare, impresa difficile senza una guida al tuo fianco. Quindi si, secondo me è importante insegnare la tecnica vocale, ma altrettanto importante è insegnare come vivere sul palcoscenico e destreggiarsi in una carriera, anche dal punto di vista psicologico, perchè spesso le sconfitte sono  pesanti. Ritengo che una carriera non si possa costruire da soli, occorre imparare ad avere le spalle forti e soprattutto avere un punto di riferimento dal punto di vista lavorativo, che possa dare dei consigli su quali brani scegliere, su quale repertorio affrontare. Dunque in questa masterclass, Alessandro e io, cerchiamo di portare la nostra esperienza dal punto di vista personale, pratico, e cerchiamo di lasciare la nostra eredità ai ragazzi, che non li faccia sentire soli nelle loro disavventure e vittorie.

Domanda spontanea, come si fa nel periodo temporale così breve come quello di una masterclass, a creare un rapporto intimo di conoscenza tra docente e allievo?

I miracoli non si possono fare, ma l’importante è rimanere in contatto. A noi piace essere a disposizione, proprio per sostenere gli allievi e coltivare questo rapporto anche dopo la master.

Come è cambiato per te partecipare ad una masterclass rispetto a quando eri tu ad affrontarla come studente?

Essere docente di una masterclass è una grossa responsabilità, perché si hanno tra le mani le nuove generazioni di cantanti. A volte è anche un timore ed un’emozione avere allievi che si fidano e si affidano. Quando seguivo le master da studentessa, quello che mi dicevano gli insegnanti era oro colato, credo dunque che occorra stare molto attenti a cosa si dice e come si dice. Gli allievi spesso pendono dalle tue labbra, e quindi si ha sempre il timore di poter dare consigli sbagliati. È quindi una grande responsabilità l’avere cura della scelta dei consigli e direttive da dare.

Questa master nasce dalla collaborazione di numerose realtà anche dal punto di vista istituzionale come la regione Friuli Venezia Giulia, il teatro di Trieste Giuseppe Verdi, ma anche l’accademia del Coccia di Novara. Dal punto di vista del docente come si ragiona con così tante teste da accordare?

Ci siamo trovati tutti in grande sintonia, soprattutto per questo progetto pilota, e ognuno a modo suo ha dato il suo apporto, in modo diverso ma con la stessa finalità: sviluppare nella città di Trieste qualcosa di nuovo e antico allo stesso tempo, che possa avere un suo proseguo nella città e per la città.

Tutte queste istituzioni sono state molto presenti, tante teste che all’idea di poter aiutare i ragazzi ad entrare nel mondo dell’opera e della musica hanno avuto un accordo globale, cosa non facile, perché si sa che accordare tante teste è quasi impossibile.

Spostiamoci sul versante musicale, che tipo di interesse portano avanti queste nuove generazioni musicali di cantanti? Come avvengono le scelte del repertorio, si rimane in quello obbligatorio anche dai concorsi oppure c’è anche chi esplora qualcosa di diverso?

In generale c’è un interesse per la lirica tradizionale, il repertorio classico, barocco.. chi si approccia al canto lirico in queste master in genere ha l’interesse di portare avanti la tradizione italiana, anche da parte di allievi di oltre confine. Quello che cerchiamo è far si che prendano coscienza del fatto che il canto è un’arte, e come tale deve esternare emozioni, ma non deve fermarsi solamente all’aspetto spettacolare, ma deve essere un’arte che comunica all’anima e al cuore di chi ascolta. Bisogna essere capaci di non fermarsi all’epidermide.

Questa domanda è nata in maniera spontanea perché tra gli enti c’è anche il Teatro Coccia di Novara che sappiamo molto interessato alla musica contemporanea, Corinna Baroni sta portando avanti progetti molto interessanti già da tempo. Che spazio c’è per chi si avventura nel mondo dell’opera lirica di includere anche editori di repertorio nuovi nel proprio borsino?

Sicuramente c’è un interesse, non ci si può dedicare ovviamente solo al contemporaneo, perché non c’è una continuità su questo tipo di repertorio. Però c’è la voglia di esplorare e rapportarsi con le composizioni odierne. Io conosco molto bene Marco Taralli, ho fatto con lui opere moderne, non solo sue. Penso che sia uno scoprire nuovi modi di esprimersi, modi di fare musica, andare avanti pur rimanendo legati al passato, portando l’esperienza della musica che ha preceduto questi compositori moderni, portandola nella musica contemporanea. Il nuovo repertorio è un’ esperienza straordinaria e complessa, si può dialogare con il compositore, così come avveniva nelle epoche passate, c’è la possibilità di cambiare, collaborare e discutere con il compositore. E’ un implementare a vicenda, e questo è molto interessante.

Durante una masterclass gli allievi tendenzialmente lavorano solo con il pianista. Quale è il modo migliore per attenuare l’impatto, per passare poi alla massa orchestrale?

Nella master mi occupo proprio di questo, sfruttando anche la figura di Alessandro che, essendo un direttore d’orchestra, può dare anche dei consigli pratici. La voce è uno strumento, ma che ha bisogno di essere orientato, seguito. Quindi è importante saper lavorare con l’orchestra, cosa chiedere al direttore, saper rimanere nello stile giusto e nella giustezza musicale, perchè ovviamente se ho bisogno di un respiro più ampio non posso pensare ad un rallentato estemporaneo. Nella master insegnamo a saper fare le proprie richieste, trovare un punto in comune con il direttore d’orchestra e affrontare questo tipo di esecuzione, perché cantare con un accompagnamento pianistico è ovviamente più immediato, ma bisogna anche saper cantare sul sostegno del tappeto orchestrale.

Parliamo invece del repertorio cameristica,  sebbene, soprattutto in Italia, costituisca una parte minoritaria. Come cambia il rapporto docente allievo quando si va ad insegnare un repertorio che rimane in una dimensione più intima?

Sicuramente la tecnica vocale rimane la stessa, in questo caso si va ad intervenire sullo stile e sul modo di porgere la voce, perché si può dare sfogo a infiniti, nei parlati, sussurrati, dinamiche estreme… mentre quando ci si trova ad affrontare un repertorio da eseguire all’aperto, per fare un esempio, all’arena di Verona, bisogna dare alla voce  una profondità e basta, mentre invece nella musica da camera ci sono delle raffinatezze, dettagli che devono essere più curati. Anche il solo fatto di essere più a contatto con il pubblico, si può far capire che si può avere un contatto più intimo.

Domanda di rito, i tuoi prossimi progetti didattici e non, e quali le prospettive che vedi per chi si affaccia adesso al mondo del canto?

Progetti didattici sicuramente la prosecuzione di questa master nel prossimo anno. Cerchiamo di creare una tradizione, il progetto pilota dura solamente quest’anno, ma dal prossimo vedremo di svilupparlo.

Difficile avere dei progetti didattici fissi perché essendo ancora in carriera non riesco a programmare tutto.

Impegni futuri, ho un concerto a settembre, un galà verdiano a Bilbao, il Trittico a Barcellona. Per il prossimo anno,  sicuramente cose nuove da mettere in cantiere.

Filippo Simonelli

Direttore

Non ho mai deciso se preferisco Brahms, Shostakovic o Palestrina, così quasi dieci anni fa ho aperto Quinte Parallele per dare spazio a chiunque volesse provare a farmi prendere una decisione tra uno di questi tre - e tanti altri.

Nel frattempo mi sono laureato e ho fatto tutt'altro, ma la musica e il giornalismo mi garbano ancora assai.

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