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El Viajero de Vigo – Intervista a David Russell

di Marco Surace - 27 Maggio 2022

David Russell è una vera e propria leggenda delle sei corde. Da sempre apprezzato per la sua musicalità e per la sua impeccabilità tecnica, il celebre chitarrista classico scozzese ha calcato i palchi più prestigiosi del mondo e si esibisce regolarmente in Europa, Asia e negli Stati Uniti, proponendo programmi che spaziano dalla musica barocca a quella contemporanea, da quella più eminentemente ‘colta’ a quella di influenza popolare (specialmente ispanica).
Molti sono i concorsi internazionali da lui vinti negli anni, numerosi sono i dischi incisi dalla fine degli anni ’70 ad oggi (il suo ‘Aire Latino’ del 2004 è risultato vincitore, tra le altre cose, del Grammy Award nella categoria “miglior solista strumentale di musica classica”) e tanti sono i riconoscimenti ottenuti negli anni, tra i quali ricordiamo la nomina a “Fellow” della Royal Academy of Music di Londra nel 1997, l’ottenimento del Dottorato honoris causa in musica dall’Università dell’Arizona, a Tucson, nel 2014 e il suo inserimento nella Hall of Fame della Guitar Foundation of America nel 2018.
Russell sarà uno “De Los Viajeros”, del Paganini Guitar Festival di Parma, importante manifestazione chitarristica promossa dalla Società dei Concerti di Parma in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma-Casa della Musica, che si sta svolgendo proprio in questi giorni (26-29 maggio) nei luoghi più suggestivi della città emiliana.
Sabato 28 maggio, il Maestro terrà una Masterclass alla Casa della Musica dalle ore 14 alle ore 18 e il giorno successivo (29 maggio) alle ore 17.30, chiuderà in bellezza il Festival con il suo concerto al Teatro Regio.
In programma ci saranno musiche di Fernando Sor (Morceau De Concert op. 54), Johann Sebastian Bach (Chorale Prelude BWV 645 Wachet auf, ruft us die Stimme e Chorale Prelude BWV 147 Jesu bleibet meine Freude, da lui trascritti), Domenico Scarlatti (Sonata K 490 e Sonata K 491, entrambe trascritte da lui), Albéniz (Malagueña, Granada e Asturias), Enrique Granados (Danza Melancolica e Danza Andaluza) e Stephen Goss (Cantigas de Santiago, dedicate a David e Maria Jesus).

Attraverso i canali del Paganini Guitar Festival sono riuscito a mettermi in contatto col grande chitarrista, che ringrazio infinitamente per avermi dedicato il suo prezioso tempo. In attesa di questo suo imperdibile concerto parmigiano, ho intrattenuto con lui una piacevole chiacchierata lo scorso 18 maggio; chiacchierata che qui di seguito riporto.

Maestro, lei è una leggenda vivente. Per me è un grande onore poterla intervistare, considerando il fatto che sono cresciuto (e sto ancora crescendo) ascoltando le sue incisioni e le sue interpretazioni, che sono un riferimento imprescindibile per i chitarristi di ogni tempo. Tra qualche giorno lei sarà a Parma per il Paganini Guitar Festival 2022 e il suo arrivo è, naturalmente, attesissimo da tutti. Dove si trova adesso?

Al momento sono a casa mia, a Vigo (una città nella parte nord-ovest della Spagna), e sono tornato due giorni fa. Ho girato per un tour di concerti negli States per tre mesi, quindi adesso è una bella sensazione essere di nuovo a casa.

Wow! Ci credo…e adesso si concede un po’ di riposo prima dei prossimi eventi in Italia?

Sì. Sabato [21 maggio] andrò a Milano e poi mi sposterò a Parma.

È la prima volta che va a Parma o ha già avuto occasione di visitarla?  

Penso sia la terza, se non la quarta volta, che visiterò Parma. Entrambe (o tutte e tre) le volte [io e mia moglie] abbiamo comprato una forma di Parmigiano. In realtà metà: sono comunque 20 kg! E’ durata molto a lungo, e l’abbiamo consumata anche durante le numerose feste con i nostri amici qui a Vigo.

Meraviglioso. Allora questa è l’occasione per procurarsi nuovamente un’altra metà forma!

Sicuramente! L’ultima volta è stato un po’ complicato trasportarla a casa, ma penso che questa volta prenderemo una valigia extra.

A questo punto direi che, se c’è spazio in valigia, potreste prendervi mezza forma e un bel prosciutto di Parma!

Perché no! [Ride]

Maestro, lei certamente sa che il Festival è dedicato a Paganini e viene sempre organizzato nei giorni che circondano l’anniversario della sua morte, il 27 maggio. Com’è il suo rapporto con la musica di Paganini? La suona o l’ha suonata spesso?

Naturalmente adoro Paganini. Ci sono diversi pezzi per chitarra che ho suonato e che apprezzo molto; in particolar modo la Sonata, che ho studiato molto tempo fa, e numerosi brani in duo col violino. In origine, l’accompagnamento di molti di questi pezzi era scritto per chitarra. Ce n’è uno che mi piace molto, il Duo Concertante, in cui la chitarra è più attiva e fa più cose del violino. Nel concerto che terrò a Parma in realtà da programma non ho inserito alcun brano di Paganini, ma sto considerando di aggiungere (o di metterlo al posto di un altro, se ci fossero problemi di minutaggio) un pezzo scritto da un compositore a lui contemporaneo che ricorda un po’ le sonorità paganiniane.

Guardando il programma che lei propone per il Paganini Festival (ma anche in generale la sua discografia e gli altri programmi che porta da tempo in giro) non si può fare a meno di notare una passione per la musica barocca (Bach e Scarlatti) e per la musica ispanica (Sor, Albeniz, Granados), o comunque per composizioni dalla forte influenza spagnola nel caso di autori non nativi (Scarlatti e Goss). Cosa hanno di speciale queste musiche? Cosa la colpisce personalmente?

Beh, il mio profondo legame con la musica spagnola penso nasca dal fatto che ho vissuto in Spagna sin da quando ero un bambino. La Spagna è casa mia, sono cresciuto con la musica spagnola intorno a me, adoro e ascolto volentieri anche il flamenco, pur non suonandolo. Le musiche di Granados e di Albeniz sono state le mie preferite sin dalla gioventù, mi diverto molto a suonarle ed è gratificante soprattutto suonarle per le persone, il pubblico in genere le adora.
All’inizio della pandemia, durante il lockdown, mi sono svagato rileggendo brani antichi, tra cui anche le Suites di Bach. E’ stato divertente riprendere queste musiche perché sono una sfida in tutti i sensi: fisicamente, tecnicamente e soprattutto intellettualmente, in questo caso forse in misura maggiore rispetto agli splendidi brani di un Albeniz o un Granados. Hanno una bellezza tutta loro. Se qualcuno mi chiedesse: “Scegli un solo pezzo da portare con te su un’isola deserta”, con molta probabilità sarebbe un pezzo di Bach.

Beh, Maestro, che dire…come non essere d’accordo (anche se sono di parte)! [Risate]
Tornando al concerto del 29 maggio…ho come l’impressione che il nucleo costitutivo del programma sia il binomio “Cancion y Danza” (per prendere in prestito il titolo di una celebre raccolta di Federico Mompou). Ci sono, da un lato, brani “corali” bachiani, elaborati per chitarra, e dall’altro i diversi caratteri di danza di Scarlatti, Granados e Albeniz.

Sì, in un certo senso la si può vedere così, anche perché in programma ci sono pure le Cantigas de Santiago di Stephen Goss, che sono basate su antiche canzoni spagnole dei pellegrini del Cammino di Santiago. Sai, il programma che proporrò a Parma è differente (per metà) da quello che ho portato in giro negli Stati Uniti negli ultimi mesi. Ci sono diverse ragioni per cui cambiare i brani, primo fra tutti il fatto che dopo averli suonati per quindici volte di fila ti viene da dire ‘basta!’ [Ride].

Certo, è comprensibile. Mi vuole raccontare qualcosa in più su queste Cantigas che, mi sembra di ricordare, sono state commissionate da lei stesso a Stephen Goss?

Stephen e io siamo amici da molto tempo e lui ha scritto diversi altri pezzi per me in passato, che sono influenzati dalla poesia spagnola di [Federico Garcia] Lorca. Qualche anno fa voleva scrivere un pezzo per me e per mia moglie, un brano che entrambi avremmo potuto apprezzare. Così gli abbiamo detto che entrambi adoriamo la città di Santiago, dove ci siamo incontrati (e che dista solo 60 km da dove viviamo), e lui ha apprezzato l’idea anche perché in passato si era già approcciato alla musica antica. Aveva già scritto una sua Cantiga e, visto che l’idea lo allettava, ha pensato di guardare tra le centinaia di cantigas antiche e di attuare un “resetting” di alcune di queste. Le sue Cantigas si basano quindi su frammenti di quelle antiche ma presentano armonie moderne, molto interessanti, e io non avendole suonate per un po’ di tempo ho deciso di eseguirle in Italia.

Nel programma c’è un altro brano che sicuramente vale la pena approfondire, perché non si sente spesso in giro: il Morceau de concert di Fernando Sor. Ce ne può parlare brevemente?

Sì. Ci sono brani, naturalmente, che sono molto belli e ben scritti e per questa ragione sono molto famosi. Ci sono però centinaia di pezzi scritti da Sor, anch’essi stupendi, che sono eseguiti raramente. Il Morceau è un tema con variazioni che finisce con una sorta di valzer molto rapido, ma per qualche ragione non è molto suonato. Sor l’ha dedicato alla principessa Adelaide e, sebbene il titolo indichi semplicemente la dicitura ‘Pezzo da concerto’, a me piace chiamarlo ‘Pezzo da concerto per Adelaide’, perché gli conferisce un tono più romantico. Il Morceau sarà nella prima parte del programma insieme alle due sonate di Scarlatti e alle Danze di Granados, per avere una sezione dalla sonorità tutta spagnola. A spezzare l’atmosfera saranno poi i corali di Bach, che io suonavo di tanto in tanto nel periodo in cui era difficile fare concerti a causa del picco della pandemia e che voglio dedicare a tutti i medici che hanno lavorato così duramente per tenerci tutti in vita.

È veramente un bel gesto e, come già ci siamo detti precedentemente, quale scelta migliore di Bach per elevare un ringraziamento in musica… a questo punto colgo l’occasione per farle una domanda che le avrei voluto rivolgere più tardi, ma siccome siamo in tema le vorrei chiedere: in che modo il Covid ha cambiato le sue abitudini e priorità? Com’era una giornata tipo prima e com’è oggi?

Beh, prima viaggiavo moltissimo e nel momento in cui hanno proclamato il lockdown io ero in tour negli USA, ma naturalmente ho dovuto cancellare tutto e son dovuto tornare a casa prima che chiudessero i confini. In Spagna la situazione è stata simile a quella italiana: non si poteva lasciare la propria abitazione, solo una persona poteva andare a fare la spesa ecc. Per il primo mese è stato strano per noi [me e mia moglie] perché normalmente eravamo in un posto diverso ogni settimana. Odio dirlo ma per noi è stato quasi divertente…naturalmente è stato un periodo tragico e terribile per molte famiglie, che hanno perso i loro cari o non sono potuti andare a trovarli; però per me e mia moglie è stata l’occasione per studiare tutto ciò volevamo suonare da tanto tempo, abbiamo preparato dei duetti e fatto tante cose musicali che non ci capitava di fare da tempo. Normalmente mia moglie non studia, perché siamo sempre in viaggio e ci portiamo una sola chitarra appresso, quindi una sola persona per volta può mettersi a praticare lo strumento in hotel. Io personalmente ho sfruttato questo periodo, come dicevo anche prima, per rispolverare vecchi brani o studiarne di nuovi. Mi è piaciuto molto.
Adesso è ricominciato tutto di nuovo, perché i concerti non sono stati cancellati ma, di fatto, rimandati; quest’anno avrò veramente moltissimo lavoro da fare fino a dicembre, forse troppo. Succede spesso così, o c’è quasi nulla o c’è troppo da fare tutto insieme. Ma bisogna prendere le cose come vengono a noi…

Dopo questa parentesi più riflessiva, in un certo senso, torniamo a parlare di musica. A Parma suonerà il brano di Goss, quindi di un autore contemporaneo, e ciò mi porta naturalmente a chiederle se mi può parlare del suo rapporto con la musica contemporanea per chitarra. Predilige certi autori o determinati stili?

Mi piace molto suonare musiche composte da persone che conosco, da amici. Per esempio, oltre a quelle di Stephen Goss, ho eseguito molti brani di Sergio Assad. Vedere il pezzo di musica crescere e maturare mi dà un certo gusto, così come avere la possibilità non di influenzare ma comunque di dare suggerimenti agli autori se riscontro delle difficoltà e avere l’occasione di dialogare con loro continuamente. In genere, Marco, quando sono arrivato ad un punto in cui il pezzo comincia a funzionare mi metto a registrare un video, che poi mando al compositore. Alcuni compositori preferiscono che l’esecutore non dica nulla e che esegua quanto scritto [ride], ma a volte noi siamo capaci di fare alcune cose meglio di altre e quindi poter dire al compositore: “qui non mi funziona, posso proporti un’alternativa?”. In quasi tutti i pezzi trovi magari alcune battute che non capisci o che non hanno senso per te, come esecutore, e in quel caso personalmente non mi fa piacere suonarle (e al pubblico non fa piacere ascoltarle). Ci deve essere una ragione per la quale quelle note sono lì, e allora confrontarsi con il compositore è di aiuto e ti permette di capire se lì c’è un richiamo ad una sezione, se si tratta uno sviluppo di un certo motivo ecc. In Scarlatti, per esempio, trovo che ogni nota abbia la sua ragione d’essere, niente è superfluo, e per questo mi piace molto suonarlo. Comunque, di solito in tutti i miei programmi concertistici includo uno o due brani scritti recentemente.
Non suono molto, invece, la musica d’avanguardia, alla quale mi sono dedicato maggiormente nel periodo in cui ho vissuto a Londra. Viaggio spesso per concerti e qualche volta capito in grandi città, altre volte in città più piccole; per questo motivo mi piace avere programmi adattabili e attrattivi per tutti i tipi di pubblico. Il pezzo di Goss lo adorano tutti, perché anche se è stato scritto sei anni fa è molto accessibile.
Qualche settimana fa ho anche eseguito in prima assoluta il pezzo della compositrice Olga Amelkina-Vera che si chiama Western Vista, alla University of Texas at Dallas.

Maestro, in una video intervista con Marcelo Kayath per la Guitar Coop Interview Series del 2016, lei ha detto che “Nella musica è molto più importante creare bellezza piuttosto che dire la verità, l’esatta verità scritta”. È la bellezza, quindi, che Lei va cercando (e trova) nelle musiche ispaniche piuttosto che, magari, nella musica d’avanguardia?

Penso che alcune persone siano capaci più di me di tirar fuori una maggiore bellezza da musiche appartenenti a certi stili. In tal caso queste persone dovrebbero suonarle e io non dovrei [ride]. Alcune altre persone, magari, suonano Albeniz ma non lo rendono bello, non ci trovano bellezza, non lo amano, e quindi non dovrebbero suonarlo! Così è veramente difficile aiutare il pubblico ad amare quella musica. Perciò, ognuno di noi ha un certo range di espressione e se tu senti di esser convinto quando suoni quel brano, è più semplice per te convincere l’audience.

A tal proposito mi domando: come vive il suo ruolo di interprete? Più come un mediatore, che vuole rendere manifesto al pubblico ciò che il compositore ha concepito e messo su carta, oppure come una figura che cerca di bilanciare la sua comprensione del testo musicale con le proprie potenzialità espressive?

Dipende dal giorno, in realtà. A volte mi sento ‘servo del compositore’ e porto in vita la sua musica, altre volte è il compositore ad essere al mio servizio, perché sono io il tizio sul palco [ride] e sto usando i suoi brani, in una serata musicale, per esprimere il mio carattere e la mia interpretazione al pubblico. Entrambe le prospettive sono vere e, anzi, non esiste l’una senza l’altra. Io ho bisogno del compositore, ma certamente anche il compositore ha bisogno di me. La sua musica, senza il carattere del performer, sono solo note su carta. Quella è musica perché l’interprete aggiunge qualcosa del suo carattere a quelle note, che diventano suono, e alla trasformazione in musica contribuiscono anche le caratteristiche del luogo in cui si svolge l’evento (l’illuminazione, l’acustica, l’amplificazione). E se qualcun altro la suona, il risultato è nettamente differente. Io penso che sulla chitarra, la differenza tra due interpreti sia molto più evidente che, per esempio, in due diverse esecuzioni orchestrali. Se senti delle Sinfonie suonate da due orchestre diverse i risultati saranno certamente differenti, ma una persona sola, il chitarrista, che pizzica le corde, lo farà in un modo ancor più distinto rispetto ad un altro suo collega.
Quindi, tornando alla tua domanda, penso che il performer sia importante tanto quanto il compositore. Dal punto di vista storico, però, è tutta un’altra questione: normalmente gli esecutori vengono dimenticati e i compositori restano, venendo riportati in vita ancora e ancora nei secoli a venire attraverso la loro musica. Ma questa è tutta un’altra discussione.

È veramente interessante questa prospettiva, anche perché in fondo risolve la questione. Non è né l’una né l’altra faccia della medaglia, entrambe rappresentano la realtà dell’interprete.
Le vorrei fare un altro paio di domande più personali, anche per alleggerire un po’ il tono dopo aver affrontato questioni più intellettuali. I grandi musicisti di ogni epoca sono diventati ciò sono perché hanno dedicato gran parte del loro tempo quotidiano allo studio e alla pratica musicale. Spesso, però, hanno avuto una seconda grande passione o un’attività ludica con la quale dilettarsi. Prokofiev e Oistrakh si interessavano agli scacchi, Mozart al biliardo, Schoenberg giocava a tennis. Si può parlare, nel suo caso, del golf? Ho letto su internet che gioca e che fa anche dei tornei.

Quest’anno in realtà ho fatto pochissime partite, non ho avuto molte occasioni. La settimana scorsa ho giocato a golf con Jim D’Addario, uno dei figli (e proprietari) della famosa azienda di corde, con il quale sono amico da molti anni e che mi ha portato ad uno splendido campo da golf a New York. Vorrei giocare molto più frequentemente, ma non è facile quando uno viaggia continuamente, però quando sono in un posto per lungo tempo gioco normalmente una o due volte a settimana. Questo è uno dei miei hobby, ma ce ne sono altri. Mia moglie ed io siamo degli “slow runners” e normalmente facciamo una maratona all’anno, per mantenerci in forma. Anche in questo caso, essendo in tour, ci viene difficile trovare il tempo per correre ma recupereremo e cercheremo di prepararci per una maratona che ci sarà ad Ottobre/Novembre.
Amo anche la fotografia. La mia era una famiglia di artisti, perché i miei genitori erano entrambi pittori, e mi piace anche un po’ disegnare; ma adoro la fotografia perché posso dedicarmici anche quando viaggio e posso sempre smanettare un po’ su Photoshop per migliorarle. Per anni io e mia moglie ci siamo impegnati in attività di volontariato, siamo andati in Africa, in India e in molti altri posti, ma ora è qualche tempo che non lo facciamo. Non è un hobby, ma è qualcosa che abbiamo fatto (e facciamo) volentieri e che ci ha fatto pensare a quanto siamo fortunati, a quanto le nostre vite siano tremendamente facili in confronto a quelle di chi vive, per esempio, in Africa.

Immagino che viva questi hobby con uno spirito più leggero e disteso, per puro divertimento…

Sì, infatti. Anche se, quello che mi succede quando faccio i tornei di golf, è curioso. Qui ci sono dei tornei amatoriali e, a causa della mia età e delle mie condizioni fisiche, non riesco a mandare la palla così lontano. Qualche volta, però, se ho giocato bene durante il round, avendo forse la possibilità di vincere, arrivo alle ultime buche e divento più nervoso in quel momento che durante un concerto [Ride]. È un diverso tipo di nervosismo e, se durante il concerto so gestirlo perché lo faccio continuamente, nel golf non so bene cosa fare [Ride]. Ma comunque non importa poi tanto visto che, come dici giustamente tu, lo faccio per puro divertimento.

Maestro, un’ultima domanda prima di lasciarci. Quale consiglio darebbe ai chitarristi, giovani o meno giovani, che stanno formando la loro personalità musicale nel mondo di oggi, così ricco di idee e stimoli e, per questo motivo, così caotico?

Beh, direi che la cosa più importante in assoluto è l’entusiasmo: se perdete la passione che vi spinge ad andare avanti ogni giorno, dovete combattere per ritrovarla. Circondatevi di persone che avete l’impressione vi diano energia, fate cose che amate fare. Immaginate di essere dei corridori…se iniziate a correre, i primi due giorni sono magnifici, i successivi cinque sono terribili perché sei stanco, ti fanno male le ginocchia ecc. Ma dopo dieci giorni, se non puoi correre per un giorno magari ti manca il non poterlo fare. Quindi devi raggiungere il punto in cui veramente godi nel praticare l’attività; e lo stesso vale per la chitarra: se non provi piacere nel praticare la chitarra per tre o quattro ore al giorno per diverse settimane/mesi in preparazione di un concerto, è veramente terribile. Devi realmente goderti lo studio e rendere quel momento il più soddisfacente e piacevole della giornata. Credo che l’entusiasmo mi dia questa sensazione di piacere, è la chiave di volta per far funzionare tutto il resto. Ok, alcune persone suoneranno più velocemente, lentamente, forte, piano rispetto a me, non importa…ma senza quello non si riesce a trovare il proprio modo di rendere quella musica la più bella possibile, per sé e per gli altri

Marco Surace

Segretario di Redazione

Laureato in chitarra classica al Conservatorio "Santa Cecilia" di Roma e in Musicologia all'Università "La Sapienza". Nella mia quotidianità cerco di far convivere la mia ossessione per Maurice Ravel con l'entusiasmo della scoperta di nuove sonorità.

Innamorato perso del violoncello, della musica minimalista e della pasta al sugo. Ho una battuta o un meme per ogni occasione.

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