Mahler
di Redazione - 20 Gennaio 2020
“Urlicht”, luce primigenia
Il Lied Urlicht, vera e propria “miniatura” dell’arte mahleriana in tutte le sue “soluzioni”, composto nel 1892 per formare il Quarto movimento della grande Seconda Sinfonia di Gustav Mahler, trae il testo dal II volume del Des Knaben Wunderhorn (Il corno meraviglioso del fanciullo), la più vasta raccolta di liriche popolari tedesche, curata negli anni 1806-1808 da Achim von Arnim e Clemens Brentano nell’aura di un raffinato clima culturale protoromantico.
La delicata poesia, dal tono meditativo di un tenero racconto, sembra rivolta ad un immaginario interlocutore lirico – la rosellina rossa –da un’anima semplice, che percepisce il dolore del mondo ed anela all’eterna vita beata, al Dio dal quale è venuta ed al quale vuole fare ritorno. Il percorso sarà illuminato da una piccola, salvifica lampada-guida di luce divina, primigenia, simbolo spirituale e traccia materiale di creazione divina, che qui acquista dimensione di fede.
Mahler, in sole 68 battute, ne farà un piccolo capolavoro filosofico-religioso, espressione della sua personale visione del mondo, per inserirlo nel più vasto programma della Seconda sinfonia in risposta alle domande sul senso della vita e della morte, concluse con un personale “credo” nell’immortalità dell’anima, che il musicista celebra, con versi propri, nell’Auferstehen finale:
Was entstanden ist, das muss vergehen!
Was vergangen, auferstehen! …
Sterben wird’ ich, um zu leben!
Aufersteh’n, ja, aufersteh’n wirst du,
mein Herz, in einem Nu!
Was du geschlagen, zu Gott wird es dich tragen!
[Ciò che è nato, deve morire! Ciò che è morto, deve risorgere!… Morirò per vivere! Risorgerai, sì, risorgerai tu, mio cuore, in un istante! Tutto ciò per cui hai combattuto ti condurrà a Dio!]
Per la grandiosità dell’argomento la Seconda sinfonia sarà la Sinfonia della Resurrezione (Auferstehung-Symphonie). Composta da Mahler in sei lunghi anni (1888-1894) tra Budapest, Amburgo ed il rifugio estivo di Steinbach insieme ad altri Lieder della raccolta del Wunderhorn, è formata da cinque movimenti, raggruppati in tre parti:
1. parte: poema sinfonico Todtenfeier (al quale, secondo l’indicazione in partitura, deve seguire una pausa meditativa “di almeno cinque minuti”)
2. parte: Andante moderato
3. parte: Scherzo (versione sinfonica del Lied Des Antonius von Padua Fischpredigt)
Lied Urlicht
Finale, con l’ode Auferstehen, da Der Messias di Klopstock da eseguirsi “senza alcuna interruzione”.
In più occasioni Mahler ha avuto modo di spiegare il programma della sua Seconda. Nell’ultima versione, scritta a Berlino, il 15 dicembre 1901, in allegato ad una lettera ad Alma, immagina di ripercorrere con il pensiero, accanto alla bara di una persona amata, le sofferenze e le lotte della vita per poi interrogarsi sul senso stesso della vita e della morte contro la ridda frenetica di un mondo che disgusta, che incalza fino alla disperazione. Ma ecco, come d’incanto, risuonare la vocina di Urlicht, sussurro di candida fede – Vengo da Dio e a Dio voglio ritornare! Il buon Dio mi darà una piccola luce, che brillerà per me fino all’eterna vita beata! – prima del Coro finale, del Grande appello del Giudizio, nella gloriosa visione di Dio, nella certezza della Resurrezione.
Nella dimensione escatologica della sinfonia, tesa tra religiosità ebraica e misticismo cristiano, sarà, dunque, proprio il breve, visionario Urlicht a offrire nuova Stimmung lirica, pura, ingenua, primigenia:
O Röschen rot!
Der Mensch liegt in größter Noth!
Der Mensch liegt in größter Pein!
Je lieber möcht’ ich im Himmel sein.
[Oh, Rosellina rossa! L’uomo giace nella più grande disperazione! L’uomo giace nel più grande dolore! Io vorrei tanto essere in cielo]
La voce parte silenziosa con quattro lentissime note, che sembrano provenire da una dimensione lontana
seguite da un sommesso “corale” di fiati
La prima strofa, sostenuta dai violini con tono di arcana immobilità, nel gioco continuo di passaggi ritmici che mai rivelano accenti di riferimento, sembra voler dilatare il tempo e lo spazio verso la dimensione eterea del cielo, dell’Himmel declamato a fine strofa nella trasparenza del Re bemolle maggiore.
Un breve ma lento ed espressivo passaggio dell’oboe sugli archi
sigilla l’incanto della visione.
Nella seconda strofa
Da kam ich auf einem breiten Weg,
da kam ein Engelein und wollt’ mich abweisen.
Ach nein! Ich ließ mich nicht abweisen!
[Là, mentre me ne andavo per un’ampia strada, venne un angioletto che voleva mandarmi via. Ah, no! Non mi lascio mandar via!]
“un poco più mossa” nel ritmo e più chiara nelle tinte cromatiche di clarinetti, arpa e campane tubolari, l’incontro con l’angelo assume toni quasi fiabeschi nell’assolo un po’ naif del primo violino, suono di tradizione popolare tipicamente ebraica, che già prelude la Fiedel maliarda di Freund Hein (il violino dei suonatori ambulanti), voluta da Mahler nel Secondo movimentodella Quarta Sinfonia.
La terza strofa
Ich bin von Gott und will wieder zu Gott!
Der liebe Gott wird mir ein Lichtchen geben,
wird leuchten mir bis an das ewig selig Leben!
[Io vengo da Dio e a Dio voglio ritornare! Il buon Dio mi darà una piccola luce, che brillerà per me fino all’eterna vita beata!]
più vivida nel colore del La maggiore, offre espressione al canto, che raggiunge il punto di tensione di “von Gott … zu Gott … der liebe Gott” per poi entrare, sull’ultimo verso e nella riacquistata diafanità del Re bemolle maggiore d’impianto, in “zona angelica” di estrema delicatezza melodica, eterea, aperta all’infinito e all’eterno, e “morire” sugli ultimi respiri degli archi e su quel ripetuto ewig, che già anticipa la Ruhe, silenziosa e profonda, della coda finale di Der Abschied.
Se la Musica è religione e il musicista il suo gran sacerdote – come sosteneva la tradizione romantica – anche Urlicht sarà rito di fede, commosso, spirituale, capace di esprimere, nel diafano chiarore di una luce originaria, la Forza divina primigenia che muove il mondo.
Adele Boghetich