I Mozart dimenticati
di Fabio Valente - 26 Aprile 2016
Riguardo alla storia di Wolfgang Amadeus Mozart si sono ormai sprecate innumerevoli pagine di saggi, critiche, studi, ricerche, scoperte, rivelazioni. Ne è emerso unanimemente il quadro di un artista inavvicinabile, dal talento sopraffino e precoce, genio della musica e figura di spicco nella storia.
Se oggi il celebre compositore austriaco è considerato dai più un enfant prodige dalle incontrastabile qualità, è bene ricordare che a suo tempo lo stesso Mozart godeva sì di grande popolarità ma certo non era il solo compositore a poter vantare larghi apprezzamenti e rispetto nei principali centri culturali europei. Oltre ad altri famosi compositori ancor oggi acclamati ed eseguiti che furono all’opera tra la fine del diciottesimo e l’inizio del diciannovesimo secolo, spicca, desideroso di rivalsa, un’interessante elenco di personaggi ingiustamente dimenticati durante il corso della storia: nomi oggi sconosciuti di artisti un tempo capaci di sfidare degnamente persino il genio di Wolfgang Amadeus Mozart.
Spesso neppure editi e tutt’oggi esistenti solamente in forma di polverosi manoscritti, tali compositori furono attivi in svariati paesi europei nei decenni successivi all’ascesa di Mozart, guadagnandosi particolari appellativi che finiranno con l’accomunarli nel corso dei secoli in un unico gruppo eterogeneo. Dotati senza dubbio di spiccate qualità musicali e compositive, compositori come Thomas Linley, Joseph Martin Kraus, Vicente Martin y Soler, Juan Crisostomo de Arriaga, Joao Domingo Bomtempo sono passati ai posteri come mere comparse della storia dai destini spesso poco fortunati, imitatori nel bene e nel male di quella grande e fastidiosa figura di riferimento nata a Salisburgo. E’ così che Il Mozart inglese, Il Mozart di Odenwald, Il Mozart di Valencia, il Mozart spagnolo, Il Mozart portoghese si ritrovano tutti convitati seduti ad un unico tavolo rotondo, ognuno con merito e con una storia da raccontare. Di loro tuttavia, per cause differenti di caso in caso, oggi resta purtroppo solo uno sbiadito ricordo di una antica fama andata lentamente scemando nel tempo.
Nato a Lisbona nel 1775, Joao Domingo Bomtempo (o Buontempo, secondo l’uso consueto di italianizzare i cognomi) è senza dubbio uno dei personaggi portoghesi più celebri legati alla musica classica. Figlio di un musicista italiano emigrato nella penisola iberica, fu attivo in Italia, a Parigi, a Londra e infine nella sua Lisbona, tanto come compositore che come virtuoso pianista ed esecutore delle proprie composizioni. Fondatore della Società Filarmonica di Lisbona, primo compositore di nazionalità portoghese autore di una sinfonia di cui si abbia notizia, autore di più di cinquanta composizioni per piano, è oggi pressoché dimenticato persino nella sua capitale portoghese che gli diede i natali, dove morì nel 1842. Di Bomtempo si ricorda in particolare il Requiem in C minor, op.23, definito dalle cronache del tempo un “lavoro di merito particolarmente elevato“. Evidentemente, non abbastanza da evitare al proprio autore una triste damnatio memoriae.
“Se solo fosse ancora vivo, Thomas Linley sarebbe uno dei più grandi ornamenti dell’universo musicale“. Questa sola frase, pronunciata da Mozart stesso in una lettera all’amico Michael Kelly, basta ampiamente a descrivere quanto prodigiosa ed apprezzata fosse la figura del sopracitato compositore inglese, nato anch’egli nel 1756. Figlio di musicisti, si guadagnò il soprannome di Mozart inglese proprio grazie al precocissimo e spiccato talento. Charles Burney, compositore suo contemporaneo, così ne parlava: “Il Tommasino, come viene chiamato, e il piccolo Mozart, vengono citati per tutta l’Italia come i più promettenti geni di quest’epoca”. Nonostante tali ottime premesse la storia di Thomas Linley non conosce lieto fine: gran parte delle composizioni di questo giovane ed istrionico prodigio finiscono perdute nell’incendio del Royal Theatre di Londra nel 1809, mentre lo stesso Thomas muore banalmente annegando durante una gita in battello a soli 22 anni di età. La storia farà il resto, coprendo tristemente il suo nome durante il corso dei secoli.
La storia del Mozart di Odenwald, alias Joseph Martin Kraus, è senz’altra più ricca di eventi ma non certo maggiormente fortunata. L’esistenza di questo compositore tedesco si condensa nell’epigrafe incisa sulla sua lapide, anonimamente posta in un piccolo cimitero poco a nord di Stoccolma: “qui riposa ciò che di Kraus è mortale, ciò che è immortale vive nella sua musica”. Vera o no che sia tale affermazione, senza dubbio la musica di Kraus godette di grandissima ammirazione già nei 36 anni in cui egli fu in vita, ovvero tra il 1756 ed il 1792. Kraus fu presto assunto quale Maestro di Cappella alla corte di Svezia dove in dieci anni fu autore di oltre 150 composizioni, tra cui lieder, sinfonie, concerti, sonate, opere sacre, mottetti, opere teatrali, cantate. Viaggiò tra l’Italia e la Germania per tutta la vita, fu ritratto a Bologna dai pittori più in voga del tempo e studiò persino legge a Magonza prima di morire di tubercolosi a soli 36 anni. Oggi eseguito di rado, Kraus resta un’icona musicale del Classicismo spesso adombrata da nomi più blasonati ed altisonanti. E’ bene ricordare tuttavia le parole d’elogio che Haydn spese per lui in una lettera ad un diplomatico svedese: “la sinfonia in Do diesis minore che Kraus scrisse a Vienna sarà per secoli ricordata come un capolavoro; mi creda: ben pochi possono vantarsi di aver composto qualcosa di simile”.
Operista di fama spropositata fu nell’ultimo quarto del diciottesimo secolo Vicente Martin y Soler, paragonato più volte in vita allo stesso Mozart tanto da potersi forgiare oggi dell’appellativo di Mozart di Valencia. Soler è forse, tra i compositori citati sino ad ora, quello che più si avvicina per stile e fama alla figura del Mozart originale: dedito prevalentemente all’opera, non disdegnò tuttavia la musica strumentale, nella quale ottenne ugualmente grandi successi. Collaborò attivamente con Lorenzo da Ponte, portando in scena decine di opere nei maggiori teatri d’Italia: la definitiva consacrazione di Soler giunse grazie a Una cosa rara, grazioso dramma giocoso in tre atti rappresentato nel 1786 in ben 55 occasioni. L’opera ottenne un successo tale da eclissare inizialmente la mozartiana Le nozze di Figaro, anch’essa ultimata nel medesimo anno. Soler trascorse gli ultimi anni di vita in Russia, stipendiato alla corte dello Zar e famoso in tutta Europa. Il corso della storia ne ha ridistribuito la fama: accade così che oggi si possa assistere ad un’opera di Soler nel mondo ogni circa 350 rappresentazioni mozartiane…
A 3 anni suonava il violino, ad 11 scriveva fluentemente opere e concerti, a 15 studiava ed al contempo insegnava al Conservatorio di Parigi. Dieci giorni prima del suo ventesimo compleanno, Juan Crisostomo de Arriaga moriva stroncato da una malattia polmonare, privando il mondo e la storia di uno dei maggiori talenti inespressi dell’universo artistico. La sua città natale, Bilbao, lo ricorda intitolandogli oggi un Teatro ed erigendogli un imponente monumento, ma per il Mozart spagnolo i rimpianti superano ampiamente le rimembranze. Gustare appieno le capacità del giovane Arriaga è pressoché impossibile in quanto poco resta del suo già ridotto catalogo. Ad oggi si può costruire un ritratto dello sfortunato compositore spagnolo attraverso l’Ouverture dell’opera Gli schiavi felici (i due atti integrali dell’opera sono andati perduti), i tre quartetti per archi, la Sinfonia in Re per Orchestra.
Fabio Valente