E’ uno scherzo o sei serio?
di Gabriele Toma - 19 Aprile 2017
La data di composizione dello Scherzo op. 31 n. 2 di Chopin, pubblicato nel 1837, è controversa, così come lo sono le opinioni circa il movente che ne avrebbe ispirato la composizione. Se per alcuni biografi fu la rottura con la fidanzata Maria Wodzinska, per altri fu la scoperta dell’invasione della Polonia da parte dei russi. Secondo altri ancora la composizione risale al momento in cui i due innamorati avevano preso la decisione di sposarsi.
Allo stesso modo i critici divergono anche riguardo il carattere intrinseco del brano: alcuni ritengono che nel pezzo prevalga un lirismo drammatico, e se così fosse verrebbe da sé che il motivo dell’ispirazione sarebbe da ricercare in momenti negativi, come possono essere la separazione dalla Wodzinska o l’invasione della Polonia; altri sostengono che lo Scherzo abbia un carattere decisamente frizzante e spettacolare, e, anche negli episodi più delicati e intimi, il lirismo resti di stampo sentimentale.
In tal caso la composizione – dedicata alla contessa Adèle de Fürstenstein – sarebbe espressione del giubilo con il quale Fryderik e Maria dovettero decidere di convolare a nozze. È indicativo che poco dopo, quando il padre di lei negò a Chopin il permesso di sposarla – forse alla luce delle precarie condizioni di salute dell’artista – questi compose per lei il famoso Valzer dell’addio in La bemolle.
D’altra parte sono ben note altre pagine del “poeta del pianoforte” intrise di sofferenza e di tormento, dalle armonie cupe e dai cromatismi strazianti, e si fatica a pensare che il mago dei Notturni abbia affidato i propri dolori ad un genere tradizionalmente giocoso come lo Scherzo.
Questa forma musicale fece la sua prima apparizione nelle composizioni di Haydn, dove sostituiva il Minuetto. Come questo infatti presenta un ritmo ternario (3/4 o 3/8), ma più veloce: se le indicazioni del Minuetto vanno dall’Andante all’Allegretto, quelle dello Scherzo oscillano dall’Allegro al Presto. La sua forma è generalmente tripartita A-B-A, dove la sezione A ha spesso carattere brioso mentre la sezione B ha quello più lirico e riflessivo proprio del Trio. Adottato in questo senso anche da Mozart, già nelle Sinfonie nn. 4, 6 e 7 di Beethoven però lo Scherzo viene addirittura articolato in cinque sezioni A-B-A-B-A (e nel Romanticismo la struttura sarà ulteriormente variata e arricchita di sezioni C, D ecc.). Tale forma musicale aveva la funzione di alleggerire la tensione tra il movimento lento e il Finale; se poi, all’interno di una Sinfonia o una Sonata, il primo tempo presentava durata e/o complessità marcate, richiedendo un maggiore impegno all’ascoltatore, essa poteva subentrare come secondo tempo e non come terzo, per equilibrare la composizione e tenere viva l’attenzione del pubblico (come avviene nella Sinfonia n. 9 di Beethoven o nella n. 2 di Schumann).
Chopin innova ancora di più questo genere, estrapolandolo dalle forme classiche e rendendolo una composizione autonoma, al pari di una Polacca o di una Ballata, nonché arricchendone la struttura. Ovviamente, essendo ora indipendente da un contesto, lo Scherzo chopiniano può permettersi maggiore fantasia e drammaticità, ma ciò non toglie che questa forma sia sostanzialmente in linea con il suo carattere originario, arguto e giocoso, concepito e studiato per fare presa immediata sul pubblico. In particolare il brano in analisi, è secondo Schumann così spettacolare che – dice – è degno di essere paragonato ad una poesia di Byron.
Questo brano si apre infatti con un Presto decisamente teatrale: all’inciso di quattro battute appena mormorato in pianissimo dal tono interrogativo risponde una trionfale sequenza di accordi in fortissimo che impegna tutti i registri: dalle “cannonate” dei bassi agli squilli di corno del registro medio alla lucentezza degli archi e dei flauti negli acuti. Dopo 48 misure in cui si alternano guizzanti contrasti dinamici e timbrici e sapienti silenzi, un gioco di arpeggi e di scale perpetua la struttura domanda/risposta, facendo da transizione verso l’oasi lirica in Re bemolle maggiore, in cui scivola dolcemente.
Alla misura 65 si apre dunque un lunghissimo fraseggio, un cantabile all’italiana a cui la mano sinistra fa da tappeto sonoro con i suoi delicatissimi arpeggi. La melodia viene impreziosita da un contrappunto latente, dalla comparsa improvvisa di voci, che hanno più la funzione di rafforzare l’armonia e valorizzare le inflessioni melodiche che di dialogare polifonicamente con altre voci. Dopo 53 misure di puro lirismo, la sezione si chiude con una rocambolesca cadenza in Re bemolle maggiore. Questo passaggio viene ripetuto interamente e pedissequamente, eccezion fatta per delle piccole ma significative variazioni melodiche nella parte iniziale, sancendo la fine della sezione A.
Sotto l’indicazione Sostenuto si apre a misura 265 il Trio, in tonalità improvvisamente di La maggiore, modulata enarmonicamente per affinità di terza dal precedente Re bemolle maggiore. Questa sezione B si articola in tre momenti: un vero e proprio Corale in La maggiore fino alla misura 309, che dondola dolcemente tra l’estatico e il malinconico; un valzer in Do diesis minore dalla (batt. 309-334), la cui intima sofferenza sembra trasfigurarsi in brioso ottimismo nella specie di cadenza in Mi maggiore (batt. 335-364), quasi a dire all’ascoltatore che la malinconia di prima era una beffa, un effetto scenico. Molto importante è notare che nel Valzer si manifestano due cellule fondamentali: delle semiminime discendenti per gradi congiunti nel registro del soprano che costituiscono la melodia principale e un disegno ritmico di duina più terzina di crome che, nell’ambito di una terza minore e con un cromatismo, si configura come un ornamento nel registro del contralto. Come nella sezione A, Chopin ripete questo passaggio.
Nella misura 460 possiamo dire che ha inizio il vero e proprio sviluppo che indicheremo come sezione C: degli arpeggi vorticosi arricchiti di stridenti dissonanze preannunciano drammaticamente, grazie anche alle tonanti ottave dei bassi, l’Agitato. Le cellule del Valzer precedente vengono riprese, ma stavolta in un clima di crescente concitazione nella tonalità di sol minore e in rapporti gerarchici invertiti. In termini quasi poetici Guido Agosti descrive nelle note critiche dell’edizione Curci questo passaggio:
“«Agitato» più nel senso di una progressiva concitazione del sentimento che di una vera e propria accelerazione del movimento. La tensione ha raggiunto un grado tale che la tenue melodia della battuta 309 non vi ha resistito e si è spezzata in frammenti di tre note, sotto l’azione ostinata e per così dire perforante del disegno ritmico che prima l’accompagnava ed ora fieramente la contrasta. Questi frammenti sembrano correre or qua or là nella ricerca disperata di un’impossibile salvezza. Si noterà che il disegno ritmico, con piglio provocatorio, entra per primo; e che lo smembramento della melodia le fa perdere il suo accento espressivo sulla terza nota, la quale per un geniale accorgimento rinnovatore, viene a trovarsi sulla terza battuta del periodo anziché sulla prima.
Ecco ricomparire alla misura 517 il materiale della sezione A articolato stavolta in una progressione ascendente che ci riporta alla tonalità di impianto di Si bemolle minore. Il culmine della composizione è nuovamente un appassionato Valzer in cui continuano a fronteggiarsi la cellula tematica in semiminime e il disegno ritmico. Questo passaggio non poteva essere descritto meglio di così:
Nell’episodio culminante che qui s’inizia le sorti della lotta a poco a poco si capovolgono. La melodia prende uno slancio volitivo sul primo tempo forte e, assunto per otto battute un aspetto nuovo e più imperioso, riesce a far ripiegare su sè stesso il disegno ritmico. Alla fine entrambi gli elementi sono stremati, ma il frammento melodico ha l’ultima parola alla battuta 580, dove il disegno di crome non ricompare. Alla battuta 582 la melodia può finalmente riposarsi su una nota più lunga.
A questo episodio segue la ripresa di A, con una variante che è quasi una propaggine modulante verso la coda, nuovamente il La maggiore, che ricapitola in un vortice di emozioni il materiale di tutto lo Scherzo. Con un poderoso climax la composizione si chiude trionfalmente su una successione di potenti accordi.
Questa struttura, più complessa di una semplice forma tripartita, è emblematica della sperimentazione che Chopin compiva in quegli anni: a differenza del primo Scherzo, la cui struttura rigida non aveva completamente soddisfatto il compositore, lo schema del semplice ABA viene ora fuso con il principio dello Sviluppo tipico della Sonata. Il risultato è un respiro più libero, quasi rapsodico, in cui la potenza dell’idea musicale è tale da travalicare la forma, che come un bozzolo deve schiudersi per permettere all’ispirazione di spiccare il volo.
Ecco, ora si può gustare appieno lo Scherzo dalle mani, aggraziate ma non prive di passione, di Krystian Zimerman. Buon ascolto.