Musica per un Savant

Storia della nuova produzione del Reate Festival, incentrata sulla vita di un immaginario savant, un "genio autistico" immaginato da Barbieri

Avete mai sentito parlare della sindrome del savant?

Se la risposta è positiva, complimenti. Se invece non la sapete, siamo in due e potreste scoprire qualcosa di nuovo in questo articolo. E, perché no?, magari trovare una nuova opera da andare a sentire. Ma andiamo per gradi.

Da definizione “scientifica”, il savant è una persona che rientra nello spettro autistico ma che, al netto di un quadro generale di funzioni cognitive ridotte, sviluppa un singolo talento straordinario. Si tratta quindi di persone che, pur avendo degli apparenti deficit, sono in grado di performance straordinarie in una determinata disciplina artistica o scientifica: la versione originale era il nome idiot savant, coniato dallo studioso John Down a cui dobbiamo anche l’omonima sindrome.

Non siamo qui però per parlare di questioni cliniche o scientifiche: per quello che ci interessa adesso, è importante sapere che i savant non sono stati solamente artisti creativi, ma a loro volta hanno suscitato interesse anche in altri che hanno scelto di raccontare le loro storie. Il personaggio Raymond, interpretato da Dustin Hoffman in Rain Man, è l’esempio più celebre, ma la filmografia recente è piena di esempi di questo genere. Manca però un esempio teatrale, o meglio mancava fino ad ora.

Quest’anno il Reate Festival, ispirandosi a una mostra organizzata a Rieti dalla Fondazione Varrone e dedicata alla produzione figurativa di persone con disabilità psichiatrica, ha scelto di commissionare un’opera di Teatro Musicale sull’argomento. Ne è nato così un progetto che, a partire da un testo ideato da Guido Barbieri e dalle musiche originali di Fabrizio De Rossi Re, traccia un ritratto teatrale dell’evoluzione di un savant immaginario, Martin W. che sapeva contare le stelle. La figura di Martin è appunto nata dalla fantasia dell’autore, che però svela di essersi ispirato, seppur alla lontana, al savant George Widener, che aveva trascorso gran parte della sua adolescenza e della sua vita adulta da homeless scoprendo solo attorno ai quarant’anni uno straordinario talento per il disegno e la grafica. Ad interpretare il protagonista poi è un attore di teatro divenuto famoso per altro, ovvero Vinicio Marchioni, mentre il suo alter ego “giovane” è impersonato da Andrea Hegedus.

Vinicio Marchioni, savant d'eccezione

Ma dov’è che l’ho già visto?
Un indizio…

“In realtà”, ci racconta Barbieri “la gran parte delle persone che sono riconducibili alla sindrome del savant appartengono anche allo spettro autistico o della sindrome di Asperger. In questo caso però, la loro specifica propensione, il talento specifico di cui sono dotati, diventa in alcuni casi una vera e propria ragione di vita nonché uno dei pochi, se non l’unico, mezzo di espressione.”

“Per costruire la mia storia, o meglio quella del personaggio di Martin, ho studiato la letteratura scientifica che riguarda queste persone straordinarie. C’è chi di questo talento ne ha avuto contezza fin dall’infanzia, e altri che si sono scoperti savant nel corso del tempo. Martin, per questo, ha un alter ego in scena: il protagonista principale che rappresenta il Martin adulto e un Martin muto, che rappresenta la sua infanzia. E i due condividono, fino alla fine o quasi, lo stesso palcoscenico.”

Guido Barbieri spiega © Reate Festival

Anche il palcoscenico e la scenografia ricoprono un ruolo centrale nella storia di Martin W. La regia, affidata a Cesare Scarton coadiuvato dall’impianto scenico di Andrea Tocchio e dalle motion graphics di Flaviano Pizzardi segue fedelmente le vicende, quasi fossero quadri o episodi di momenti diversi della vita di Martin. Unica regolarità, un grande cubo bianco in cui si muovono i due Martin.

La parte musicale invece merita un discorso a sé stante.

La partitura, affidata alla composizione di Fabrizio De Rossi Re, è un tentativo di rappresentare non solo Martin ma tutto il mutevole universo in cui si muovono i vari Martin che compongono questo personaggio immaginario – ma non troppo:

“La musica per questo spettacolo è composita, come spesso capita nei miei lavori. Mettendo insieme un coro, un ensemble strumentale, l’elettronica con i suoi tape preregistrati ho provato a ricreare anche quelle che sono le caratteristiche più frequenti della comunicazione dei soggetti autistici, che spesso e volentieri sono “irregolari”, si muovono per esplosioni e cambi di umore repentini. Ci sono versi, strepiti e rumori, con il coro che fa da eco. “Proprio i tape elettronici mi hanno permesso di dare un tocco particolarmente uniforme a quello che volevo rappresentare. Ce ne sono otto in tutti i quadri delle vicende di Martin e rappresentano quasi un fil rouge drammaturgico tra tutti i vari momenti della sua storia, con tanto di una sorta di “Ouverture” iniziale. Poi l’interazione con le voci è agevolata dal fatto che sono tutti riccamente amplificati, e il risultato che ne esce fuori è decisamente singolare.”

 

Una pagina dal manoscritto, su gentile concessione dell’autore in persona

La drammaturgia che esce fuori da questo insieme, frutto anch’essa in buona parte delle indicazioni immaginate dallo stesso Barbieri, restituisce un quadro unitario e al tempo stesso enigmatico in cui si muove il protagonista.

La musica, nella sua resa pratica, è affidata alla direzione di Gabriele Bonolis, specialista della direzione per ensemble nella musica contemporanea e presenza stabile al Reate Festival. A sua disposizione, l’EVO Ensemble per la parte vocale e il Reate Festival Modern Ensemble per quella strumentale.

Lo spettacolo verrà messo in scena al Teatro Flavio Vespasiano, il principale del capoluogo reatino, alle 18 di domenica 20 novembre: tutte le informazioni pratiche si possono trovare qui

Articoli correlati