Bagliori a Napoli: guida alle Storie Naturali

Conversando di musica del presente con i protagonisti dell'evento napoletano del 13 novembre

Storie Naturali è il titolo del quarto appuntamento della stagione concertistica Bagliori (2021), promossa dall’Associazione Dissonanzen a Napoli al fine di incentivare la ripresa delle attività culturali dopo il blocco causato dalla pandemia. Durante il concerto, programmato per il prossimo 13 novembre, il Quartetto Felix eseguirà otto brani di giovani compositori napoletani. Ma Storie Naturali non è solo l’intestazione di una serata musicale: è un vero e proprio evento, frutto di un’iniziativa di spessore che affonda le sue radici nel 2019, nata da un’intuizione del compositore napoletano Cosimo Abbate.

Nel desiderio di animare lo scenario della musica contemporanea a Napoli, Abbate ambisce da anni alla creazione di un polo di ricerca, sperimentazione ed esecuzione partenopeo interamente dedicato alle musiche del presente. Successivamente, dall’unione delle energie di Lorenzo Pone, pianista e compositore, di Tommaso Rossi, musicista e presidente dell’Associazione Dissonanzen, e di Abbate stesso, nel 2020 prende forma l’idea di un percorso culturale mirato a diffondere le musiche di compositori napoletani dell’ultimissima generazione, nati tra il 1985 e il 1995. Storie Naturali è la prima tappa di questo viaggio.

Gli otto brani in programma delle Storie, commissionati quasi tutti per l’occasione, nascono non tanto sulla scia di un’indicazione tematica comune, quanto principalmente dall’invito a sfruttare in maniera significativamente creativa le diverse combinazioni offerte dalla formazione per violino, viola, violoncello e pianoforte. Già ai tempi di ideazione del progetto musicale si era infatti scelto di destinarne l’esecuzione ad una formazione di questo tipo – per l’esattezza al Quartetto Felix –, utilizzata sia nella sua versione completa che ‘parziale’: il risultato è un insieme di brani che vanno da un minimo di un esecutore ad un massimo di quattro, passando agilmente dal solo per violoncello al duo per viola e pianoforte, al trio, al quartetto e così via. Nel complesso polistilismo musicale del XXI secolo, le Storie Naturali appartengono ad un presente che non intende negare i suoi legami con la tradizione. Del resto, il titolo scelto – chiaro omaggio alle Histoires naturelles di Maurice Ravel – lo conferma.

Incuriositi da questa iniziativa tutta partenopea, abbiamo incontrato alcuni dei suoi protagonisti per comprenderla meglio. Ecco il resoconto della nostra chiacchierata con Tommaso Rossi, i giovani compositori Pone e Abbate e gli interpreti del Quartetto Felix.

 

Mi piacerebbe partire dai due giovani compositori, Lorenzo Pone e Cosimo Abbate, entrambi autori di due dei brani delle Storie Naturali. Qual è il vostro punto di vista sulla diffusione della musica contemporanea nella città di Napoli?

Lorenzo Pone: Da napoletano che ha studiato all’estero e che all’estero vive da diversi anni, ho avuto forse l’occasione di formarmi un punto di vista esterno rispetto alla complessa realtà musicale della mia città di origine. Quando noi della mia generazione eravamo bambini, c’è stato un declino politico che tuttavia non ha impedito a diverse realtà di continuare nella loro opera, segnatamente di diffusione musicale, seguendo un profilo di elevata statura artistica: penso all’Associazione Scarlatti, al San Carlo, alle realtà della performance storica, all’attività sperimentale del gruppo di compositori strutturato all’interno del più ampio gruppo di ricerca puntoOrg… ma nel caso della musica contemporanea penso soprattutto a Dissonanzen, collettivo trentennale, grazie al quale per la prima volta da studente di Conservatorio ho potuto ascoltare dal vivo la musica di Grisey, Murail, Lachenmann e incontrare personalmente Michael Levinas. Oggi noi della generazione nuova abbiamo trovato accoglienza, curiosità e calore da parte della precedente, attiva e produttiva: un esempio di sinergia intergenerazionale, forse, a Napoli era ancora inedito.

Cosimo Abbate: Condivido in pieno la disamina molto dettagliata di Lorenzo e sento di aggiungere che la nostra città esprime oggi una giovane generazione di compositori dalle eccellenti doti. Penso ai nostri compagni di viaggio: Franza, Sannino, Punzo, Salvio, Raimondi e Maiello (tedesco, ma di origini campane) nonché ai molti altri compositori, nostri conterranei, dalle grandi qualità e preparazione ai quali spero riusciremo a dare spazio in futuro.

In realtà, Cosimo, sappiamo che da tempo desideravi contribuire concretamente alla diffusione delle musiche del presente nella tua città…

Cosimo Abbate: Proprio così. Mi piace pensare a Napoli come a una città che attende da anni un risveglio culturale che desti l’interesse per la musica del proprio tempo. Quello che stiamo facendo con Storie Naturali è preparare il terreno affinché questo avvenga.

Tommaso Rossi, da presidente dell’Associazione Dissonanzen e direttore artistico dell’Associazione Alessandro Scarlatti, Lei è noto da tempo per il suo impegno in questi obiettivi nella città di Napoli. M’incuriosisce conoscere le opinioni che ha maturato, attraverso i suoi anni di esperienza, sulla ricezione della musica contemporanea nella sua città.

Tommaso Rossi: A Napoli esistono diverse tipologie di pubblico, come in tutte le città. Da un lato esiste un pubblico che ama fortemente essere rassicurato nell’ascolto: ama soprattutto il già noto, il repertorio rodato, i grandi autori. Questo pubblico ha una certa riluttanza per i linguaggi contemporanei, spesso ne è addirittura infastidito. Dall’altro lato esiste un pubblico che ama la novità (e non è detto che sia una frazione minoritaria), ed è spinto a seguire i concerti per conoscere proprio ‘il non ascoltato’.

Ci sono dei luoghi di ritrovo per questo tipo di pubblico?

Tommaso Rossi: Tra musica antica, contemporanea, musica elettronica questa parte del pubblico che ho appena descritto non ha forse ancora una vera e propria ‘casa’. Anche perché, soprattutto per la musica contemporanea, è fondamentale lo spazio dell’esecuzione: non può andar bene un luogo qualsiasi ma ci vogliono sale dall’acustica attendibile…

Nel bisogno di estendere questa realtà, per fortuna l’interesse delle nuove generazioni non manca. Lo dimostra quanto hanno appena affermato Cosimo e Lorenzo.

Tommaso Rossi: Infatti. Abbiamo con entusiasmo accolto questa proposta di collaborazione, che nasce da un bisogno reale. Dissonanzen è un’istituzione formata da interpreti che hanno una certa esperienza di organizzazione. Abbiamo quindi da un lato una sorta di dovere istituzionale nei confronti di chi compone musica, dall’altro la necessità di offrire opportunità ai più giovani. Solo creando una rete, una sinergia di interessi culturali convergenti si può dare maggiore peso specifico alla produzione musicale emergente.

Parlando sempre di giovani, cosa si potrebbe fare o cosa si fa già, nella città di Napoli, per diffondere la musica contemporanea tra le nuove generazioni?

Tommaso Rossi: Come direttore artistico dell’Associazione Scarlatti dal 2016 ho messo in atto il ciclo Parliamo di Musica per le Scuole, un ciclo di lezioni-concerto che ha visto la partecipazione di migliaia di studenti delle scuole medie e dei licei. Il progetto ha un grande successo e dimostra che l’approccio alla musica colta attraverso un rapporto diretto, non mediato con gli artisti, è possibile e proficuo. In genere i giovani fanno decine di domande ai musicisti che si esibiscono, e mostrano grande curiosità. Con Dissonanzen, in misura minore, abbiamo fatto esperienze del genere, soprattutto proponendo alcune sonorizzazioni dal vivo di film muti. L’incontro tra musica e immagine è un catalizzatore di attenzione e di stimoli. Insomma, molto si potrebbe fare e certo anche di più, se ci fosse una migliore interazione organizzativa con il mondo della scuola: un obiettivo comunque perseguibile.

 

 

Passiamo adesso alla musica di Storie Naturali. Il riferimento agli elementi della natura presente nel titolo della maggior parte delle opere (Vox arborea di Lorenzo Pone, Tre scene d’acqua di Giuseppe Franza, Tèphra di Cosimo Abbate, Tra le petraie d’un greto di Pasquale Punzo) potrebbe suggerire un approccio compositivo concentrato sulla fisicità del suono come materia a sé stante: la musica, tuttavia, comunica tutt’altro. Mi sembra che l’uso consapevole dei linguaggi sperimentali della contemporaneità sia in tutti i brani delle Storie unicamente il mezzo espressivo attraverso cui s’intende costruire una narrazione, che a sua volta si determina entro forme musicali definite. Cosimo e Lorenzo, potreste definire meglio il vostro ruolo di compositori in questo processo e, più in generale, nella realtà in cui viviamo?

Lorenzo Pone: Quando mi chiedono perché faccio il compositore o perché faccio il pianista, di solito rispondo: perché ho bisogno di essere amato. Ma non si tratta di piacere agli altri, o di riscuotere affetto come ammirazione. Penso che compito del musicista, ma dell’artista in genere, sia quello di porre le persone di fronte al dolore e alla felicità, di portare chi fruisce faccia a faccia con emozioni profonde, magari estatiche, ma più spesso anche violente, sofferte, oscure: insomma quella parte riposta che è nell’essere umano e con cui pare che il mondo d’oggi desideri poco aver a che fare. Ma so che dicendolo offro il destro a molte critiche…

Cosimo Abbate: In fondo il compito del compositore negli ultimi secoli non è mai cambiato. L’uditorio che frequenta le sale da concerto a un livello profondo non cerca il piacere dell’ascolto: cerca energie che alimentino la propria coscienza. Il compositore ha il compito di produrre questa particolare vibrazione scovandola, per dirlo con Agamben, «dalle pieghe del proprio tempo». I compositori di oggi poi, specie quelli della mia generazione, hanno forse un’ulteriore missione: quella di integrare i percorsi che hanno caratterizzato la seconda metà del Novecento in una musica capace di interpretare il nostro tempo.

Ci sono dei modelli stilistici dai quali traete ispirazione?

Cosimo Abbate: Credo che i modelli a cui un compositore si ispira non siano sempre così deliberati, ma perlopiù inconsci. Se devo essere sincero mi sento più a mio agio a risponderti parlando di compositori che amo ascoltare, piuttosto che di modelli ai quali mi ispiro. Amo la sagacia e il gusto inventivo di Bartók, il Boulez della fase successiva al serialismo integrale, il Ligeti di Lontano e del Doppio Concerto, Petrassi, Britten, Prokofiev, Mahler, Ravel, Dufay. Tra i contemporanei Eötvös, Lanchenmann, Fabio Vacchi, Andrea Portera, Esa-Pekka Salonen.

Lorenzo Pone: Nel mio caso, tra i compositori che più mi influenzano ci sono Grisey, Murail e Dutilleux: è la mia triade, ma potrei aggiungere subito Messiaen, Jolivet, Xenakis, Lachenmann e Jean Luc Hervé, del quale ho seguito i corsi a Parigi. Il mondo francese mi è per formazione molto vicino, quantunque come solista le influenze sono state condizionate dai lunghi studi viennesi con Paul Badura-Skoda e al Mozarteum di Salisburgo, tramite i quali ho anche assorbito il gusto della musica da camera.

E andando più indietro nel tempo, verso le musiche del passato?

Lorenzo Pone: Pensando al passato prendo a modello Debussy, Franck, Chausson, Dukas, Lekeu, Saint-Saëns, Gounod, Ravel, per il culto della chiarezza, la musica di Mussorgsky e il modalismo russo liturgico-ortodosso. E poi moltissimo Satie e tutto il Gruppo dei Sei al completo, specialmente Louis Durey e Georges Auric, per i quali ho un’autentica venerazione. Mi sento vicino a Chopin e Fauré. Il mio modo di scrivere si è nutrito, nei primi anni, di suggestioni etnomusicologiche, asiatiche soprattutto, di un certo calligrafismo orientale. E poi c’è un amore sconfinato per la musica nordica, i virginalisti inglesi d’epoca elisabettiana, Sibelius, fino a linguaggi diversi dalla classica…

Ad esempio?

Lorenzo Pone: artisti come Emerson Lake & Palmer, Nico, Nick Drake, tutto il progressive celtico e islandese, mi influenzano oggi moltissimo.  

Passiamo adesso la parola agli interpreti. Tornando alla musica, se si cerca uno spirito comune a tutti gli otto brani delle Storie Naturali lo si trova nel bisogno di una ricerca artistica continuamente in divenire, assecondato dai compositori secondo modalità differenti. Per questo motivo, credo che la narrazione intrinseca ai brani non sia mai programmatica: genera piuttosto suggestioni innumerevoli e sempre rinnovate, che si slegano consapevolmente dal testo musicale e dall’immagine che lo ha ispirato in partenza, per riverberarsi nell’interiorità di ogni ascoltatore in maniera del tutto imprevedibile. Come si mette in atto questo processo, da interpreti?

Quartetto Felix: La narrazione di un testo varia a seconda di chi lo possiede e la musica, nella fattispecie, si bea del ritmo variabile che assume la composizione a seconda di chi la interpreta. Esempio lampante diventa dunque la lettura di un romanzo: un romanzo storico, stilisticamente delineato, già prepara il lettore ad interpretare secondo alcuni canoni che il tempo ha scolpito, con la possibilità, però, di arricchire e fiorire alcuni punti secondo la sua preparazione, sensibilità e percezione. Riguardo a un romanzo attuale, ‘moderno’, la storia cambia leggermente, poiché il tratto si è evoluto, qualcosa si è trasformato e gli stilemi non si riconoscono facilmente.

Del resto, la fortuna di chi esegue musica del presente è la possibilità di interrogare direttamente i compositori…

Quartetto Felix: Appunto. Il lavoro di morfologia che si intraprende è un tutt’uno tra compositore ed interprete, una discussione che deve essere viva e tecnicamente chiara, decisa, soprattutto da parte di chi tenta di lasciare col suo tratto qualcosa che desidera camminare nel tempo. Ma questa discussione deve mantenere una zona ombrata, da intendere, da sperimentare, perché quando si suona viene a costruirsi un’identità nuova e quella è la risultante di un processo introspettivo che spesso danza con il tempo e chiunque riesce ad afferrarlo, se vuole, nell’atmosfera.

 

 

Al di là del legame geografico-culturale alla tradizione partenopea, voi del Quartetto Felix siete probabilmente gli interpreti più indicati a condurre la narrazione musicale delle Storie, avendo da poco prestato la vostra voce per i Racconti in forma di quartetto (2020), progetto realizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini e Le Dimore del Quartetto. Anche i Racconti, come le Storie, vedono protagoniste le musiche dei compositori italiani del presente. Dal vostro punto di vista, c’è qualche aspetto o carattere che contraddistingue stilisticamente questi ultimi?

Quartetto Felix: Racconti in Forma di Quartetto è un lavoro che ha voluto unire il segno italiano di una musica attuale che si offre ad un nuovo contesto uditivo. Il progetto è stato ispirato da un brano del compositore Carlo Galante, a cui si sono poi uniti altri brani, come ad esempio quello del compositore campano Gianvincenzo Cresta, scritto per noi del Quartetto. È stata un’emozione proporre il progetto al pubblico lo scorso 16 ottobre, per la rassegna Bagliori, perché abbiamo potuto condurre l’uditorio in un percorso ricamato su una poetica sensoriale. Le musiche hanno tessuto una tela caratterizzata da genuine proprietà stilistiche, vanto della musica italiana. Storie Naturali, invece, si concentra sulla genuinità della scrittura, e questa caratteristica lega tutti i compositori tra loro. Il delicato lavoro di ogni brano dell’appuntamento del 13 novembre è caratterizzato proprio dalla voglia di sprigionare un’idea, svilupparla in ogni sua particella e liberarla su ogni parte dello strumento interessato.

Ho infatti l’impressione che ad una narrazione musicale meramente descrittiva le Storie preferiscano un racconto che proceda principalmente per evocazioni: un’ispirazione immaginifica di fondo indirizza infatti il processo compositivo di ogni brano – e non si tratta sempre del riferimento diretto alla natura. La metafora luce/oscurità ispira Bernardo Sannino a scrivere Dal buio, mentre la prefigurazione del luogo del concerto stesso, il Complesso monastico S. Maria in Gerusalemme detto “Le Trentatré”, stimola Apollonio Maiello a comporre Tre

Quartetto Felix: Si. I brani, ognuno diverso dall’altro, fanno riferimento a particolari titoli che esprimono, al meglio, l’idea che ha voluto lasciare ognuno dei giovani compositori sia a noi interpreti che all’ascoltatore: diventa indispensabile quindi riuscire a raccontare quel titolo con la sola forza delle note scritte.

Lo immagino, e mi viene da pensare soprattutto a quello che c’è tra le note. Credo di aver capito che l’obiettivo del progetto sia il recupero di un equilibrio estetico, a valle di un lungo periodo storico di sperimentazione e acquisizioni, che restituisca all’uditorio il piacere dell’ascolto permettendogli allo stesso tempo di vivere consapevolmente la musica del proprio tempo.  Credo che l’uso di vocaboli musicali mutuati dalla contemporaneità non ostacoli questo processo, ma richiami continuamente all’attenzione la percezione dell’ascoltatore. Da interpreti, come definireste il ruolo dell’ascoltatore in questo processo?

Quartetto Felix: L’ascoltatore è sempre il protagonista di ogni musica. Senza l’ascoltatore il nostro lavoro non avrebbe granché senso. Il compito principale diventa il nostro: bisogna essere in grado di raccontare sempre qualcosa, rendere partecipe chi quella sera ha scelto di seguire proprio noi. L’ascoltatore va accompagnato, va stimolato, va anche un po’ abituato a nuovi linguaggi, sperando che questo nuove storie possano entrare a far parte di un nuovo capitolo musicale. Siamo lieti di avere questo compito in questa occasione!

E noi siamo lieti di recepirlo. Prima di salutarvi, ho un’ultima domanda per Lorenzo Pone e Cosimo Abbate. Dopo l’esperienza di Storie Naturali, quali saranno i vostri prossimi obiettivi in merito alla diffusione della musica di giovani autori del presente a Napoli?

Cosimo Abbate: Idea interessante sembrerebbe essere una «due-giorni» o un piccolo festival di tre concerti da intendersi come seguito diretto dell’esperienza Storie Naturali. In più mi piacerebbe cominciare almeno a immaginare altri progetti dedicati alla musica contemporanea che possano viaggiare paralleli, magari in sinergia musica-teatro, musica-danza…

Lorenzo Pone: Sarà fondamentale continuare a fare rete. A collaborare con chi, come Dissonanzen e altri, ha reso possibile, oggi, che la nuova generazione di musicisti possa trovare spazi, occasioni di dialogare e di costruire. Noi non vogliamo più orticelli, congreghe e separazioni. Mi piace molto una frase pronunciata ne Il pranzo di Babette di Karen Blixen: «Per tutto il mondo risuona il grido dell’artista: fate ch’io possa trovare le condizioni per dare il meglio di me». Storie Naturali è nato come un progetto esponenziale: stiamo già pensando alla seconda edizione e miriamo alla costituzione di un festival.

Avete già in mente legami con il contesto internazionale?

Lorenzo Pone: Si, dall’anno prossimo il respiro diventa internazionale. La domanda sui miei obiettivi per la musica contemporanea a Napoli la ricevo come membro di una comunità di forze, per cui rispondo al plurale: continueremo a fare rete e a impedire che la comunità si restringa in orticelli, o che finisca per isolarsi. Anzi, tutti insieme faremo sì che resti una comunità aperta, senza numero e senza esclusioni. Personalmente, metto a disposizione i contatti di lavoro che ho intessuto nei miei anni al Royal College di Londra, a Vienna, a Salisburgo, dove risiedo: dobbiamo riuscire a salvaguardare lo spirito di crescita comune.

Cosimo Abbate: L’obiettivo finale non è limitato al singolo festival o al singolo concerto ma piuttosto è quello di creare finalmente una scena culturale dedicata alla musica del nostro tempo nella nostra città. Dove c’è una volontà c’è una strada.

 

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