Diario dallo Chopin: I primi risultati

"Per te il Concorso Chopin finisce qua": il resoconto della quinta giornata con i primi nomi di chi è rimasto indietro e di chi andrà avanti

Perdonate il ritardo. Oggi mi sono concesso di dormire, fare colazione, oziare allegramente per mezz’ora telefonando ad amici… insomma, una mattina tranquilla, finalmente. Tra l’altro, questo mi ha permesso di raccogliere un’interessante quantità di deliri da chi, come me, sta seguendo questo concorso e non manca di comunicarmelo. Ma ora, con una sufficiente dose di pancake nello stomaco, è tempo di scrivere la quinta pagina di Diario dallo Chopin, chiudere l’ultima giornata di primo stage e discutere i risultati. Sì, perché ieri sera intorno alle 23.30 sono stati annunciati i 45 (anziché 40, ma era prevedibile) che passeranno al prossimo turno. E quindi io che speravo di avere delle pause pranzo in orari decenti in secondo round, devo abbandonare ogni speranza e prepararmi il mio angolino in cui consumare in santa pace le banane che saccheggio ogni paio di giorni dal buffet dell’albergo.

Prima di andare ai risultati, però, penso sia corretto proseguire come abbiamo sempre fatto e commentare prova per prova tutti i concorrenti, così da avere uno sguardo di insieme. Partiamo con la giapponese Asaki Iwai, sullo Steinway 300. Il Notturno op. 9 n. 3 è andato bene, pur mancando un po’ di rilievi: più colori, più differenze si potevano trovare, specie nei passaggi più concitati. Anche gli Studi op. 10 nn. 2 e 4 sono andati bene, ma ahimè a questo punto del Concorso li avevamo sentiti già suonati molto meglio da concorrenti prima (penso a Yasuko Furumi per l’op. 10 n. 2 e Leonora Armellini per  il n. 4). La Quarta Ballata soffriva un po’ di manierismi, tipo gli scampanamenti praticamente su ogni nota del tema. Ora, a me gli scampanamenti piacciono quando fatti con gusto, sono molto in stile, ma quando diventano meccanici e ripetitivi perdono di significato. Tutta la Ballata è passata un po’ così, con qualche bello spunto poi subito bloccato.

Non mi ha convinto di più San Jittakarn sullo Steinway 479, che, porello, era tesissimo, c’aveva le spalle bloccate che faceva venire i crampi a me che lo guardavo. Piccolo momento di pausa per ricordarci quanto sia difficile suonare in un concorso come questo. Purtroppo per Jittakarn questo ha causato un suono duro e una musicalità molto inibita nel Notturno op. 55 n. 2, che è continuato negli Studi op. 10 nn. 11 e 12 (quest’ultimo meglio). Nella Ballata n. 3 abbiamo finalmente avuto un suono diverso, ma la frase era spesso bloccata e la direzione che voleva intraprendere non chiara, dunque la Ballata è rimasta un po’ lì. Ne karn né pesce.

 

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San Jittakarn dopo aver tirato fuori la teglia bollente dal forno (da un’idea di Lara Martelozzo). Foto di Darek Golik.

 

Molto meglio Joo-Yeon Ka sullo Yamaha. Già dal Notturno op. 62 n. 1 si capiva il bello spirito musicale, con suono ben appoggiato e cantabile. Particolarmente belli i trilli, dal carattere sognante, ma non perso nella nebbia. Meravigliosi i fraseggi della mano sinistra nel rapido Studio op. 10 n. 8, in cui solo qualche nota sporca (di cui una nella chiusa altrimenti perfetta) ha turbato un ottimo Studio. L’op. 25 n. 4 è stato finalmente affrontato senza correre a perdifiato, ma sottolineando le diverse voci dello Studio. Purtroppo la pianista ha esagerato nell’altra direzione e lo Studio è finito per risultare piuttosto pesante. Si è ripigliata con la Ballata n. 4, dai fraseggi espressivi senza contorsioni. Soprattutto, molto bello il solitario passaggio per imitazioni, che beneficiava di un ottimo controllo, ma un po’ troppo smorzato lo slancio nel preparare e poi affrontare l’impervia coda.

Adam Kałduński me lo sono dovuto recuperare dopo in streaming e con grande dispiacere perché dalla differita la sua prova mi è piaciuta veramente molto. Il Notturno op. 62 n. 1 ha trovato un colore al contempo lirico e svagato, con una melanconia sorridente, capace di incupirsi di colpo, ma senza angosce. Veramente bellissimo. Nello Studio op. 10 n. 5 c’era qualche nota persa, ma ha confermato l’impressione di una splendida musicalità. Poteva trovare più colori e sfumature nella mano destra, sempre molto sgranata. Mi ha convinto meno lo Studi op. 25 n. 10, non iniziato benissimo nonostante fosse abbasanza moderato come agogica, ma un bel respiro prima di B e in B è tornata la musicalità di cui sopra. Non aveva la struttura polifonica di Gadjiev, ma molto bello. Ripresa bene ma non benissimo. La Quarta Ballata invece me la sono abbastanza goduta, con un suono ‘da lontano’ all’inizio, un bel fraseggio del tema, le seconde voci in ottime relazioni e sempre ben curate. Il pianista polacco deve prevalentemente fare attenzione a non crogiolarsi, a non perdere di direzione nelle frasi, perché altrimenti il rischio è che il brano si sieda e la Ballata esca tutta troppo notturna. Finale buono, ma poteva volare di più.

 

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Adam Kałduński si chiede se sia qui la festa. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Ottima anche la prova di Nikolay Khozyainov sullo Steinway 300, partito con uno Studio op. 25 n. 7 veramente, veramente bellissimo, con un canto della sinistra con pochi paragoni, dal suono caldo ed espressivo. Lo Studio op. 25 n. 10 ha sfoggiato delle ottave veramente strepitose, un suono sempre molto appoggiato e anche nel tempestoso non ha mai pestato. Nella cantabile sezione centrale, il pianista tendeva un po’ a fermare la frase con autocompiacimento, ma ha tirato fuori khoze molto interessanti e ha preparato benissimo la fantastica ripresa. Sempre bene, ma meno bene, lo Studio op. 25 n. 11, in cui questo suono morbido e un po’ ovattato ha trasformato un po’ in una macchia indistinta la mano destra, non aiutando la sinistra ad emergere. Nonostante qualche momento di ripetitività meccanica, il finale è stato travolgente. Non mi ha convinto per nulla la Quarta Ballata, invece. Sì, suono da favola, ma poi anche lui s’è fatto un giro in Metro C a caccia di reperti archeologici e ha iniziato a tirare fuori voci secondarie a mio avviso non solo non essenziali, ma anche gratuite, tirate fuori e messe lì con dinamiche più forti dei temi stessi, di fatto ostacolando il fluire musicale. Una cosa, poi, mi ha particolarmente innervosito: nel tema principale ci sono delle note ribattute (prima dei mi bemolle, poi dei sol bemolle, poi dei fa e via discorrendo). Ora, su questi ribattuti tutti fanno quello che vogliono. C’è chi li scampana rispetto al basso, chi rischia la galera per furto aggravato. Khozyainov ha deciso che la prima nota di ogni ribattuto doveva essere puntata. Io non sono certo un alfiere della purezza della parte, anzi, ma ad ogni, singola ripetizione del tema, storceva la frase con questo punto non scritto, che di fatto tranciava il percorso del tema verso la sua naturale caduta. Ci può stare in un ottica di rubato, per variare il percorso, per ingannare le aspettative. Ma se me lo fai fin dalla prima volta, allora proprio stai storcendo la frase e peraltro in un modo completamente innaturale. Perché innaturale? Perché ogni volta che quel tema torna, variato e soprattutto farcito con le più complesse figurazioni polifoniche, non ti puoi permettere di fare questo giochino, dunque perde completamente di senso musicale tutta questa operazione. Perdonate la divagazione, qui volevo prendermi più spazio per spiegarmi meglio, perché tutta la Quarta Ballata è stata affrontata con questo spirito. Quando le voci secondarie non mostrano delle relazioni tematiche, non ti aprono nuove porte, non intensificano un climax (come avevano fatto ad esempio nella Quarta Ballata di Gadjiev), il discorso inizia a farsi noioso e più una dimostrazione di compiaciuta scaltrezza che un naturale fluire musicale che si inserisca in un’architettura più ampia, per quanto originale. Poi oh, ha suonato benissimo eh, però qui iniziamo a scendere nel dettaglio delle scelte di un musicista e in un concorso monografico come lo Chopin è un discorso che affronteremo sempre di più nelle prossime Campane.

 

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Khozyainov e il fuoco della passione. Foto di Darek Golik.

 

Più regolare Su-Yeon Kim, Steinway 479, che ha fatto un ottimo Notturno op. 48 n. 2, melanconico e intimo, sottolineando nella parte centrale il carattere popolare che aggiunto un ulteriore livello di nostalgia a tutto il brano. Meraviglioso anche il ritorno di A, con i trilli delicatissimi e una generale atmosfera di dolce tristezza. Molto bene l’op. 10 n. 8, in cui però non tutte le buone idee alla sinistra sono stati portate a compimento, pur viaggiando la destra con grande eleganza. Buone ma non pazzesche le terze sull’op. 25 n. 6, ma molto bello il carattere ombroso. Carattere che la pianista coreana ha ripreso per lo Scherzo op. 39, per contrastare vigorosamente con le nitide ottave. Si potevano trovare forse più colori nei colori e nei passaggi più lanciati un fraseggio più teso e vibrante, più nervoso, avrebbe restituito meglio la forza drammatica del brano.

 

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Su Yeon Kim chiama all’appello gli spiriti della terra. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Con Aimi Kobayashi c’è stato un siparietto molto divertente (per noi, non per lei), che mi sono fatto poi spiegare da Gerrit Glaner (amorevolmente chiamato Mr Steinway dall’intero globo terraqueo). Fondamentalmente la pianista è entrata, si è seduta al suo Steinway 479, si è alzata ed è andata a chiamare qualcuno. Il mio primo pensiero, quando il nerboruto spostatore di pianoforti si è seduto e ha abbassato il seggiolino è che essendo la pianista veramente minuta, avesse bisogno di regolarselo e non ci riuscisse. Poi è iniziato un balletto di seggiolini (tutto in mondo visione!), finché non si è decisa. A quanto pare, il problema era l’altezza: il seggiolino non era abbastanza alto, nella tensione del momento non riusciva a tirarlo più in alto di quanto non fosse, lo voleva ancora più alto, però non funzionava, panico. Alla fine ha suonato e pure molto bene, però questa cosa è decisamente destabilizzante e la pianista era visibilmente nervosa, anche se il sangue freddo mostrato dalla pianista giapponese è veramente invidiabile. Il Notturno op. 48 n. 2 ha funzionato molto bene, ha trovato bei timbri e bei colori, pur senza raggiungere l’intimità affettiva di Su-Yeon. Gli Studi op. 25 n. 11 e op. 10 n. 10 sono andati molto bene, anche se non sempre concentratissimi, ma soprattutto nel primo, Kobayashi ha tirato fuori uno scatto nervoso veramente esaltante. Bel respiro prima del Quarto Scherzo e via con carattere più centrato, con le giuste sfumature per ciascuno degli elementi. Ho Aimato molto il cantabile della sezione centrale, non sempre controllato benissimo, ma dallo splendido colore soffuso. Volatine brillanti, ottima chiusa, ma comunque si è alzata visibilmente insoddisfatta. Eppure, suonare così dopo quell’inghippo è già di per sé un risultato più che encomiabile.

 

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Aimi Kobayashi lo sgabello lo farebbe un po’ più blu. Foto di (credo) Wojciech Grzędziński, perché è scomparsa dalla pagina FB del Concorso Chopin.

 

Non male Mateusz Krzyżowski, che entra e tira lo sguardo della morte a tutta la sala. Che nessuno osi far squillare un cellulare o far cadere un programma per tutta la sua prova. Il Notturno op. 48 n. 2 (ma oh, non lo fa nessuno e poi tre di fila?) faticava ad andare un po’ avanti, rimaneva tutto un po’ lì, non ben chiaro dove volesse andare a parare. Meglio lo Studio op. 10 n. 11, con interessante libertà agogica che dà belle sfumature al fraseggio, ma anche qui ogni tanto si arenava. Meglio ancora lo Studio op. 25 n. 11, in cui il carattere è stato verameente ben centrato, con qualche momento di fatica nella destra che toglieva un po’ di piglio, ma per il resto ben direzionato. Nel Secondo Scherzo, alcune frasi erano un po’ troppo corse, ma per il resto era proprio ben a fuoco, con bel suono nella parte centrale, grande efficacia di punti più affannosi e ossessivi. Non sempre le cesure tra sezioni erano perfettamente curate, ma per il resto bello!

Il secondo polacco mi è piaciuto anche di più. Jakub Kuszlik ha scelto anch’egli lo Steinway 479 (che si conferma lo strumento più scelto del concorso) e ha trovato una bella varietà espressiva sul Notturno op 62 n. 2, cambiando con efficacia colore in base al punto e segnando meticolosamente ogni passaggio più intenso con un altrettanto intenso colpo di ciuffo (o successiva manata nei capelli per rimettere in riga la selvaggia chioma). Com’è romantico. Andrebbe d’accordo con Osokins, chissà se si conoscono. Molto bene lo Studio op. 25 n. 6, con ottime terze dal tintillante colore argentino (nel senso del metallo, non dello stato) e un bellissimo stacco sullo Studio op. 10 n. 4, suonato veramente bene, con bel suono leggero ma non inconsistente, trovando delle splendide connessioni tra i vari passaggi. Meno riuscita la chiusa. Del Terzo Scherzo ho apprezzato soprattutto l’inizio e le ottave, con il suono tenuto non troppo scuro ma drammatico (e ovviamente sottolineando ogni climax con un colpo di ciuffo). Bellissima la coda, fraseggiata anche nei minimi dettagli e suggellata da un ultimo colpo di ciuffo. Molto bravo. Prossima volta un cerchietto, però.

 

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SWISH. Foto di Darek Golik.

 

Ad aprire il pomeriggio è stato il concorrente più edibile dello Chopin 2021, Shushi Kyomasu sullo Yamaha. Ho trovato il fraseggio del Notturno op. 62 n. 2 un po’ forzato e non sempre controllatissimo, con qualche incertezza ma un bel finale intimo. Lo Studio op. 10 n. 1 è stato un po’ sporco ma scorrevole fino alla fine, mentre ha trovato uno splendido carattere ventoso sullo Studio op. 25 n. 6, con terze veramente meravigliose anche nei passaggi a due mani. Molto belli gli accordi del Quarto Scherzo, leggeri, graziosi e fraseggiati anche nelle voci interne. Anche il cantabile è stato ben curato, si vedeva che il pianista era concentrato e ascoltava con attenzione. La coda non attaccata benissimo, ma ottimo il finale ascendente.

 

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Ultimo ripasso prima di uscire. Lettering by Costantino Mastroprimiano.

 

Nonostante Kyomasu abbia suonato davvero bene, mi è piaciuto di più il concorrente dopo, Hyuk Lee sul Kawai. Il Notturno op. 48 n. 1 non mi ha fatto impazzire, in realtà, la sinistra non era molto ben pensata e il cantabile alla destra non è riuscito a centrare veramente il bersaglio, ma con gli Studi ha trovato una migliore concentrazione. L’o. 25 n. 5 si è risollevato nella cantabile sezione centrale, trovando un bel suono limpido nel finale e l’op. 25 n. 11 ha preso confidenza partendo col botto e finendo col botto (anche troppo, molto scenografico). Qualche ingamberamento e nota cannata qui e lì, ma comunque molto bene. Ho amato tantissimo invece la Fantasia op. 49, con un suono veramente perfetto per il brano, nitido eppure maestoso. La prima marcia è stata veramente meravigliosa, con i bassi soffusi che emergono gradualmente sotto agli accordi della destra, sospeso tutto il corale, come un sogno, brutalmente condotto al risveglio dal ritorno degli arpeggi. Bellissimo il pedale lungo lungo prima del finale, ha trovato fantastiche sfumature sul Kawai.

 

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“Sta sudando anche l’acqua del battesimo”, commentò Antonella D’Orio seguendo in streaming. Non Lee possiamo dare torto. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Jaeyoon Lee ha invece offerto una prova più terra terra. Il fraseggio del Notturno op. 27 n. 2 era bello, ma non ha trovato il giusto suono dello Steinway 479. Meglio i giochi di colore nel pianissimo. Lo Studio op. 25 n. 5 si conferma il più difficile di entrambe le raccolte, perché veramente l’hanno ciccato in tanti. Purtroppo non perdona il nervosismo e sia A che A’ sono andati un po’ a quel paese. L’op. 25 n. 11 è stata ugualmente affaticata, sempre più in preda al nervosismo, ma se temevo che arrivasse proprio a fermarsi, Lee è riuscita coraggiosamente a rimandare giù il nodo in gola e chiudere bene lo Studio. Meglio lo Scherzo n. 3, con belle ottave sgranate e bei fraseggi alla sinistra, ma mancava nel brano una direzione chiara e nei punti più travolgenti, mancava la travolgenza.

 

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Spoiler: non gliel’ha concessa. Altro capolavoro di Costantino Mastroprimeme.

 

Xiaoxuan Li è il secondo del giorno che mi son dovuto recuperare dallo streaming. Il suono del Notturno op. 48 n. 1 mi è parso un po’ superficiale sul suo Steinway 300. Meglio l’appoggio nella sezione centrale, ma in A’ ogni tanto i ribattuti centrali sono risultati un po’ invadenti. Non scioltissimo lo Studio op. 10 n. 10, ma meraviglioso l’inizio dell’op. 25 n. 11, che poi è proseguito bene, giusto con qualche nota sporca qui e Li. Belle le ottave del Terzo Scherzo (con mia somma gioia portato qualche volta in questi ultimi giorni, un brano diverso dopo l’indigestione di Fantasie, Quarti Scherzi, Prime e Quarte Ballate). Mi è piaciuto molto il carattere solenne del corale, ma le scampanellanti cascate mi sono sembrate meno riuscite. Sarei stato curioso di sentirlo in sala. Molto bella la preparazione della coda, con senso di smarrimento e di attesa, e la coda stessa è valsa l’attesa, molto nervosa, con splendidi scatti nervosi alla sinistra.

Bruce Xiaoyu Lin ha suonato subito dopo l’intervallo, scegliendo il Fazioli. Il pianista canadese non è partito benissimo con il Notturno op. 27 n. 1, non sempre ben controllato ma almeno ben concluso, ma lo Studio op. 10 n. 4 ha staccato un tempo quasi alla Armellini, tenendolo molto bene, trovando comunque lo spazio per rigonfiamenti e giochi dinamici. Splendido lo Studio op. 25 n. 4, anche se ad un certo ha attaccato il motore e ha iniziato a mulinare con la gamba destra, ma perché, che poi quella ti serve, tie’ giù quel piede e sona che ti sta venendo tutto bene. Per fortuna questa cosa della zampa destra mulinante gli è passata dopo lo Studio, anche perché sfido a staccare il piede dal pedale nel Quarto Scherzo. Qui c’era davvero un altro respiro rispetto al Notturno, molto più musicale, con spettacolari colori nelle sgargianti volate e in generale un’idea molto cortese e cordiale dello Scherzo, con improvvisi sfoghi, ma che non turbavano una certa serenità generale anche nel cantabile centrale. Finale a dir poco strepitoso.

 

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Bruce Liu nella foto di Wojciech Grzędziński. Perché ogni tanto una foto seria la devo anche mettere.

 

Mi è piaciuta di meno la polacca Julia Łozowska sullo Steinway 479, partita con un ottimo suono sul Notturno op. 9 n. 3, ma senza riuscire poi a trovare varietà d’attacco del tasto. Scorrevole e leggero lo Studio op. 10 n. 5, con splendide ottave finali, ma meno riuscito l’op. 25 n. 10, preso con tempo moderato ma comunque con qualche ottava mancante all’appello. Sezione centrale bella, anche se un po’ di fretta. La Ballata n. 1 non riesce però ad emergere e un po’ di fatica inizia a farsi sentire nei bassi poco affondati e nello slancio smorzato.

Non molto meglio Jiana Peng, sempre sullo Steinway 479. Nel Notturno op. 27 n. 1 il principale problema era la sinistra, un po’ pedante e non sempre ben pensata. In realtà tante, troppe volte specie nei Notturni, ho visto i principali problemi risiedere proprio nella sinistra. I pianisti si affaticano tanto a curare il cantabile della mano destra, ma se poi la sinistra non è ben direzionata, non è timbricamente curata, non si sottolineano alcune armonie o alcuni controcanti, tutta l’impalcatura crolla. Non mi ha convinto molto di più la Seconda Ballata, in cui la prima, cullante sezione è sembrata davvero fuori fuoco, con voci secondarie fin troppo ignorate e una certa ripetitività statica. Anche il turbinoso Presto con fuoco è rimasto un po’ lì, fatto tutto bene ma senza tensione drammatica. Il senso del racconto, così tipico delle ballate e in particolar modo di questa, è emerso solo nel finale, con il ritorno del primo tema a chiudere come un narratore. Bello l’inizio dello Studio op. 10 n. 10, anche se la polifonia non era curatissima, ma c’era buona direzione nelle frasi. Anche qui, però, le orecchie erano tutte per la mano destra. Idem per l’op. 25 n. 11, sempre poco a fuoco la sinistra e poca tensione. Molto bella la chiusa brillante.

A Chao Wang l’onore di chiudere tutto questo primo, eterno round. Compito cui ha assolto molto bene, sul suo Yamaha. Il Notturno op. 27 n. 1 in realtà era fin troppo lento e statico, si è mosso un po’ nella sezione centrale, ma poi è ripiombato nella sonnolenza iniziale, ma la Prima Ballata è stata ben altra cosa, con un bell’inizio perentorio e un fraseggio un po’ irregolare, non sempre ben condotto tra semifrasi, ma originale. Ogni tanto pedale e legato facevano un po’ a pugni. Preparazione della coda e poi coda tra le migliori sentite in concorso. Lo Studio op. 10 n. 11 è andato piuttosto bene, con una scivolata proprio sul finale (peccato!) e infine tutto è stato concluso con lo Studio op. 10 n. 1, dal suono massiccio e abbastanza convincente, nonostante qualche errore qui e lì e una destra non scioltissima. Comunque, niente di più coerente terminare con questo Studio, che è anche la colonna sonora del Concorso 2021.

 

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Chao Wang si è appena accorto che doveva fermarsi all’autogrill prima. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Bene. Ce l’abbiamo fatta. Mioddio. Perdonatemi davvero per quest’ultima carrellata di gente, ma ora ci siamo, abbiamo trattato in modo un po’ sommario, ma spero abbastanza chiaro tutti gli 87 candidati del Concorso Chopin. Mi dispiace non essere potuto entrare ancora più nel dettaglio, ho fondamentalmente già finito il primo dei tre taccuini che mi ero portato, che tirata! Ora che i motori sono scaldati, lo Chopin inzia la rincorsa per spiccare il volo. Ancora ce n’è di strada, 45 sono stati ammessi al secondo round, ma qui si inizia a giocare su altri livelli. La prossima prova non vedrà più studi o notturni, salvo per coloro che li sceglieranno come brani liberi, ma ci si concentrerà su valzer, polacche, ballate, scherzi e repertorio libero per arrivare ad un minutaggio tra i 30 e i 40. C’è chi si è sistemato il repertorio così da avere il tempo per piazzare la Seconda Sonata, portando poi la Terza in terza prova (quel pazzo di Xuehong Chen). Ma chi sono dunque questi 45? Avrete già visto i risultati, ma per praticità li copioincollo anche di seguito:

Piotr Alexewicz, Leonora Armellini, J J Jun Li Bui, Michelle Candotti, Kai-Min Chang, Xuehong Chen, Hyounglok Choi, Federico Gad Crema, Alberto Ferro, Yasuko Furumi, Alexander Gadjiev, Avery Gagliano, Martin Garcia Garcia, Eva Gevorgyan, Wei-Ting Hsieh, Adam Kałduński, Nikolay Khozyainov, Su Yeon Kim, Aimi Kobayashi, Mateusz Krzyżowski, Jakub Kuszlik, Shushi Kyomasu, Hyuk Lee, Bruce (Xiaoyu) Liu, Arsenii Mun, Szymon Nehring, Viet Trung Nguyen, Georgijs Osokins, Evren Ozel, Kamil Pacholec, Hao Rao, Sohgo Sawada, Aristo Sham, Miyu Shindo, Talon Smith, Kyohei Sorita, Szu-yu Su, Hayato Sumino, Yutong Sun, Tomoharu Ushida, Marcin Wieczorek, Andrzej Wierciński, Yuchong Wu, Lingfei (Stephan) Xie, Zi Xu.

 

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Costantino Mastroprimiano ci svela cosa succede davvero al tavolo della giuria.

 

Devo ammettere che sono veramente molto soddisfatto dal risultato. Ci sono quasi tutti i miei candidati preferiti finora e, momento di orgoglio patriottico, è un piacere vedere così tanti italiani e avere modo di poterli ascoltare di nuovo. In particolare ho finora amato Alexewicz, Armellini, Li Bui, Chen, Furumi, Gadjiev, Gevorgyan, Kałduński, Kim, Lee, Nguyen, Pacholec, Rao, Su, Ushida, Wierciński. Vorrei però approfittare di questo spazio per segnalare tutti quelli veramente bravi che con gran dispiacere non ritroverò, ossia Jorge Gonzalez Buajasan, Yifan Hou (scopettino, uno della mia trinità di diciassettenni!), Kaoruko Igarashi, Leonardo Pierdomenico, Andrey Zenin e soprattutto Sarah Tuan, che dunque non avrò modo di scoprire se avesse preparato davvero tuta e scarpe da ginnastica per il secondo round. Vi invito davvero a non perdere di vista questi musicisti, perché tutti loro avevano davvero qualcosa da dire.

In qualche modo bisogna però procedere e il potenziale in campo è ancora gigantesco. Soprattutto, sono passati tantissimi dei miei soprannomi. JJJ, Garcia McGarcia, Su-Giù Su, WannabeTrifonov (che sento già mi darà grandi soddisfazioni), Camillo, Hao Rao (che non è un soprannome, ma è come un mattoncino dei lego per me), Influencer… Il loro percorso nel mio delirante mondo fatto da aria viziata e noia coatta è solo cominciato. E oRao si fa sul serio.

 

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La dama con l’Armellini. Questo Concorso per me ha già un vincitore: Riccardo Radivo.

 

 

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