Das irdische Leben di Gustav Mahler

Come un antico canto ebraico

Autore: Adele Boghetich

24 Settembre 2020

Tutto è statica verità nella ballata Verspätung [Troppo tardi], un Volkslied della Franconia sassone, già pubblicato nel 1807 sulla rivista «Morgenblatt für gebildete Stände», che Achim von Arnim e Clemens Brentano recuperano per inserirlo, come canto tradizionale, nel Secondo volume della raccolta lirica Des Knaben Wunderhorn.

Nella disperazione del bambino che supplica il pane e nelle pietose risposte della madre scorrono, così, nuove vittime innocenti di quell’antico mondo Wunderhorn, inermi di fronte al sortilegio di un fato avverso. Tutto infatti è, come sempre, in inerte attesa di un intervento risolutivo che forse, prima o poi, se non troppo tardi, giungerà:

„Mutter, ach Mutter, es hungert mich.Gib mir Brot, sonst sterbe ich!“„Warte nur, warte nur, mein liebes Kind!Morgen wollen wir ernten geschwind!“ Und als das Korn geerntet war,rief das Kind noch immerdar: „Mutter, ach Mutter, es hungert mich.Gib mir Brot, sonst sterbe ich!“„Warte nur, warte nur, mein liebes Kind!Morgen wollen wir dreschen geschwind!“ Und als das Korn gedroschen war,rief das Kind noch immerdar:„Mutter, ach Mutter, es hungert mich.Gib mir Brot, sonst sterbe ich!“„Warte nur, warte nur, mein liebes Kind!Morgen wollen wir backen geschwind!“ Und als das Brot gebacken war,lag das Kind auf der Totenbahr’.

[«Mamma, mamma, ho fame. Dammi del pane, altrimenti morirò!». «Aspetta un po’, ancora un po’, mio amato piccolo! Domani raccoglieremo il grano!».E quando il grano fu raccolto, di nuovo gridò il bambino: «Mamma, mamma, ho fame. Dammi del pane, altrimenti morirò!». «Aspetta un po’, un altro po’, mio piccolo caro! Domani trebbieremo il grano!».E quando il grano fu trebbiato, di nuovo gridò il bambino: «Mamma, mamma, ho fame. Dammi del pane, altrimenti morirò!». «Aspetta ancora, bambino mio! Domani cuoceremo il pane!». Ma quando il pane fu cotto, il bambino era morto.]

Se sulla scena della ballata poetica, circoscritta senza sfondo nello spazio di brevi momenti, agiscono tre soli personaggi (il bimbo, la mamma, il narratore), nella trasposizione musicale mahleriana del Lied Das irdische Leben [La vita terrena] – composto nell’estate del 1893 dopo la maestosa Totenfeier della Seconda sinfonia –, nel ritmo sinistro della sua danza macabra si aggiunge, invisibile ma inesorabile, anche Morte. Non più eroi, dunque, con i loro grandi conflitti, ma un piccolo olocausto innocente, intorno al quale l’ossuto Arcano senza nome sogghigna beffardo (in partitura: “con sinistra agitazione”) tra singulti e dissonanze al ritmo ossessivo di un funesto Leitmotiv. Presenza sovrana, Morte è luogo di dolore e di identificazione di quell’antico Volksgeist cui Mahler stesso sente di appartenere.

Nell’intercalare dei versi distesi sull’opaco colore del Mi bemolle minore, nel tetracordo modale dolorosamente discendente del canto sul ritmo inquietante della macabra danza, emerge il sapore arcaico di un antico canto ebraico, maschera storica di una miseria mai dimenticata, di una supplica, di un rito il cui tempo è scandito dal fluire stesso della lingua ebraica, cadenzata, ripetitiva. La tensione sale sulla seconda entrata del narratore [Und als das Korn gedroschen war…], nel crescendo della compagine orchestrale che conduce al punto di tensione del Lied, all’agonia del piccolo affamato, mentre Morte rinvigorisce la sua danza in un breve interludio punteggiato da crome staccate, quartine veloci, pizzicati e colpi d’arco in controtempo. Poche battute strumentali in rapido diminuendo plasmano il finale, musicalmente alleggerito ma privo di leggerezza. Il racconto è concluso. Morte ha ottenuto la sua vittima Anche l’orchestra va morendo sul colpo smorzato di un piatto, che sigilla l’ultimo afflato di pietà.

Inizialmente pensato, insieme a Das himmlische Leben [La vita celeste], per una Symphonische Humoreske – una sinfonia che avrebbe attraversato, nell’accezione propria del termine humoreske, la verità della vita, che è dolore e piacereDas irdische Leben sarà poi definitivamente collocato nella raccolta dei Wunderhorn Lieder, con cui condivide quel mondo di fragili figure senza tempo, quel carattere doloroso di dramma popolare, quel senso di pietas che, insieme, costituiscono gli elementi propri dell’arte mahleriana.

Adele Boghetich 

Adele Boghetich è autrice del libro Gustav Mahler e il mondo incantato del Wunderhorn (2010).    

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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