Il disco della settimana

Songs of Nature and Farewell del Trio Hemisphaeria

Autore: Redazione

15 Luglio 2020

Il soprano Damiana Mizzi, il violoncellista Roberto Mansueto e il pianista Marcos Madrigal compongono l’Hemisphaeria Trio, che unendosi al flautista Andrea Oliva ha registrato un interessante ciclo di musiche da camera per voce e, appunto, pianoforte, flauto e violoncello. Un capolavoro assoluto, di una concezione addirittura visionaria, vista la data di composizione, 1926, apre il ciclo: le Chansons Madécasses di Ravel. Canzoni popolari del Madagascar tradotte in francese da Evariste Parny. Ravel non è nuovo all’assunzione di melodie popolari. Si pensi alle due splendide Mélodies Hebraiques. Alla Rapsodia spagnola, al Bolero, al jazz dei due concerti per pianoforte. Ma il suo non è l’atteggiamento etnomusicologico né di Bartók né di Falla. Non lo interessa l’assunzione di moduli estranei alla tradizione europea colta, ma vuole anzi inserire proprio all’interno di questa tradizione sollecitazioni che gli possono venire da mondi ad essa estranei. E’ l’orecchio a guidarlo, a cogliere gli accostamenti timbrici inusitati, le scansioni ritmiche irregolari, l’intonazione melodica di scale diverse dai modi e dalle tonalità europei. Se poi si tratta di lavorare su testi poetici, allora vi si aggiunge un lavoro sottilissimo di dizione musicale del testo.  Nella Chansons madécasses sperimenta la possibilità di tradurre musicalmente il silenzio particolare dell’e finale francese, muta nel linguaggio parlato, percettibile in poesia e nel canto, con l’intento di equiparare il canto al parlato. Suscitò polemiche a non finire. E perfino proteste dei cantanti. Non ci riprovò più. Ma le tre canzoni sono una meraviglia. Non si sa se ammirare di più la sillabazione della voce o le combinazioni timbriche e ritmiche degli strumenti. Per certi versi in una partitura come questa si possono perfino intravedere gli esiti delle due Improvisations sur Mallarmé di Boulez, nel Pli selon pli. La rassegna del disco si conclude con un altro capolavoro raveliano: la seconda delle canzoni di Shéhérazade, per voce e orchestra, del 1903, La flûte enchantée. Qui la parte orchestrale è trascritta per pianoforte, violoncello e flauto. In mezzo, tra le due pagine raveliane, due partiture assai diverse tra loro e diversissime da Ravel. I Songs of Nature and Farewell di James Francis Brown, del 2011, i tre testi tratti dalle Rimes familières di Camille Saint-Saëns, e Chant d’amour de la Dame à la Liocorne della compositrice rumena Liana Alexandra, su poesie di Etienne de Sadéleer. Ciò che maggiormente incuriosisce è scoprire Saint-Saëns poeta, e poeta niente male. Adieu è una poesia di una desolazione abissale, e Brown la rende bene. Ma strano a dirsi, e ancora più a sentirsi, queste musiche appaiono assai più datate di quelle di Ravel. E non perché nell’insieme rispettino l’andamento tonale – non sono i soli, oggi, a farlo – ma proprio perché l’armonia tonale non è adottata in maniera personale, inventiva. Sono pagine molto gradevoli, accattivanti, ma, per esempio, non appare particolarmente curata la scansione e dizione della lingua francese. Non è la prima volta che ascoltando accostate pagine di Ravel e pagine di compositori assai posteriori, il più moderno, il più nuovo risulta proprio Ravel. Bravissimi, comunque i quattro interpreti, assai precisi e fluidi, molto espressivo il canto, e lodevole l’intento di far conoscere pagine altrimenti poco conosciute al grande pubblico.

Dino Villatico

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

Articoli correlati