I suoni primitivi di Ginastera

Il viaggio tra antico e avanguardia della Pampeana n. 2

Autore: Marta Jane Feroli

25 Maggio 2020

Alberto Ginastera, classe 1916, ha percorso la lunga strada che separa il nazionalismo americano più conservatore dalle tecniche di serialismo integrale tipiche della colta Europa, ma senza mai perdere la sua identità geografica, fino a completare la scrittura di 55 lavori, dal cameristico fino all’operistico, toccando numerosissime forme musicali. Fu uno dei tanti artisti che pagò caramente l’aver inseguito per tutta la vita la libertà in ogni sua forma, per aver voluto essere un compositore cosmopolita. Dovette abbandonare il suo paese durante il peronismo e la successiva dittatura di Videla, nel 1968, emigrando negli Stati Uniti che lo avevano già visto ospite durante gli anni di studio con Copland, stabilendosi definitivamente in Svizzera dove rimase fino alla sua morte.

Pampeana

Siamo nei gironi più radicali della storia della musica, quelli della censura, dell’estrema difesa della libertà creativa, quelli delle più attraenti avanguardie caratterizzate, però, dal genuino sapore dei ritmi nativi della propria terra.

Ginastera ha dato il nome “Pampeana”, riferendosi chiaramente alla Pampa argentina, a tre sue opere rapsodiche, le prime due cameristiche che vedono impegnati con il pianoforte il violino nella prima e il violoncello nella seconda, mentre terza è un’opera orchestrale.
Pampeana n.2 è una rapsodia per violoncello e pianoforte, una delle pagine più belle della letteratura violoncellistica. È dedicata ad una donna, sua moglie Aurora Natola, virtuosa violoncellista argentina. Ci troviamo di fronte ad un brano dalla doppia natura: è caratterizzato da difficili poliritmie e linee melodiche bimodali che immediatamente ci catapultano nella suggestiva musica tradizionale argentina, ma il compositore le contiene in una forma estremamente libera, potremmo quasi definirla “a pannelli”, in cui le immagini si susseguono senza soluzione di continuità, in modo del tutto naturale, come pensieri ben distinti ma allo stesso tempo consequenziali tra loro.

Ginastera scrive questo brano durante quello che i musicologi definiscono il suo secondo periodo compositivo, il nazionalismo soggettivo, inaugurato con il Quartetto d’archi n.1 del 1948. Durante questo periodo celebra il paesaggio argentino idealizzando la figura del gaucho, simbolo della nazione, e la sua musica pullula del folklore delle danze argentine mescolate al sapore della musica criolla e pre-colombiana, il tutto inserito in un linguaggio musicale allargato al politonale e bimodale, spogliandone i riferimenti nazionalistici fino ad arrivare ai relativi valori simbolici attraverso una scrittura evocativa. Lui stesso dichiara in un’intervista:

[blockquote cite=”Alberto Ginastera” type=”left”]«In questo momento mi sto evolvendo e sto tornando verso l’America primitiva dei Maya, degli Aztechi e degli Incas. Questa influenza nella mia musica non vale come influenza folkloristica, ma come una sorta di ispirazione metafisica. In un certo senso, quello che ho fatto è una mia ricostruzione della funzione trascendentale dell’antico mondo precolombiano.» [/blockquote]

Ed ecco che proprio nella sua Pampeana, come nelle sue Cinco canciones populares argentinas op. 10 o nei suoi Dodici preludi americani, risuonano echi nazionalistici, popolari e nativi della sua terra, sapientemente mescolati con il linguaggio colto europeo. Questa doppia natura la troviamo già nel titolo: Pampeana n.2 ci fa da subito pensare alla Pampa, imprimendo nel brano un marchio contestuale radicato in uno spazio geografico e culturale molto preciso e particolare, mentre il suo sottotitolo “Rapsodia” indica la sua pertinenza alla musica colta occidentale, richiamando così uno dei generi correnti nella musica colta internazionale tipici del periodo.
Sarà opportuno ora entrare più nel profondo del suo linguaggio musicale per scoprire le vere particolarità della scrittura di questo compositore eclettico.

Ginastera

Ginastera è solito utilizzare procedimenti compositivi che mostrano un materiale tematico strutturato sulle scale pentatoniche, come si può ascoltare anche nei Doce Preludios Americanos op. 12, nelle Sonate per pianoforte o su item bimodali (Puneña per violoncello solo). In Pampeana n.2 li sentiamo affidati specialmente al violoncello, strutturati in quelle che si chiamano “estructuras cuartales”, moduli melodici o armonici di quarta, basati continuamente su scale pentatoniche, alternate al modo dorico.

Il brano si apre con un recitativo declamato del violoncello, accompagnato dai penetranti accordi acuti del pianoforte, che presenta già figurazioni ritmiche inserite con precisione all’interno della libertà interpretativa. Questi suoni fissi ricordano i richiami vocali delle gare di canto tipiche dei gauchos, ossia gli uomini della Pampa, figure idolatrate come nomadi e coraggiose, sempre in conflitto con la civiltà e con tutto ciò che simboleggi il progresso. In questo scenario anche il pianoforte ha un suo ruolo evocativo, attraverso dapprima accordi acuti e intermittenti, e successivamente coinvolgendo il violoncello con un ritmo folcloristico e vigoroso in una breve danza, dal sapore gauchesco.

Ginastera

Qui emerge un’altra particolarità dello stile di Ginastera: la struttura ritmico metrica. Il compositore usa sistematicamente misure in 3/4 e 6/8 in maniera omoritmica, attingendo a formule tipiche del folklore argentino e alle danze locali. Ricordiamo che la musica argentina contiene elementi musicali tradizionali provenienti da culture ed epoche differenti, come il sistema pentatonico degli Incas, la poliritmia precolombiana, la musica bimodale criolla. Un esempio di questa prassi in Pampeana la troviamo nella prima sezione, dopo il recitativo iniziale: come in una competizione tra ballerini, il pianoforte invita il violoncello nella danza, e lo trascina in una focosa sezione scritta sul modulo ritmico tipico del Malambo, la danza per eccellenza del corteggiamento dei gauchos, caratterizzata dal doppio tempo 3/4 e 6/8 .

Il violoncello inizialmente rimane aggrappato nella sua cadenza, impegnato con i pizzicati e brusche fermate, ma il pianoforte lo corteggia, attirandolo in una danza dal ritmo invitante e baldanzoso, alla quale il violoncello risponde fino a toccare il suo registro più grave.

Ginastera

Ora una lunga nota del violoncello in crescendo seguita da un breve recitativo ci trasporta nella seconda sezione di Pampeana più suggestiva, dal carattere misterioso e intimo, spalmata su un lento ostinato del pianoforte, danzante e funebre allo stesso tempo, sopra il quale il violoncello sviluppa una lamentosa melodia intagliata da cromatismi, passando intimamente per tutti i suoi registri e toccando tutte le dinamiche.

L’ultima sezione, cortissima, veloce e travolgente, è caratterizzata da un unico tempo in 6/8 minato da continui contrattempi, spostamenti di accento ed emiole che in breve tempo ci conducono ad un violento finale.

La musica di Alberto Ginastera ha attirato l’attenzione sempre più diffusa tra studiosi, artisti e pubblico. I suoi lavori sono stati registrati su supporti che vanno dal vinile al cd fino alle moderne risorse tecnologiche, interpretate dai migliori esecutori al mondo. Ricercatori e musicologi hanno pubblicato un notevole corpus di letteratura e hanno accolto Ginastera come una delle voci più originali e creative dell’America Latina e non solo. Questo dimostra ancora una volta quanto sia stato grande il suo contributo creativo, tanto da farlo esistere e resistere anche al di fuori del suo contesto originale argentino. Il suo stile, del tutto peculiare, è ispirato non solo al nazionalismo argentino, ma anche ai grandi della musica occidentale, come Stravinskij e Bartók. Nonostante l’ampio spettro estetico abbracciato dalla sua musica, alcuni item compositivi si ritrovano imperturbabili in tutta la produzione; così anche un motto che ha seguito per tutta la sua carriera, dai suoi primi passi nel Conservatorio Nacional de Buenos Aires, fino ai suoi ultimi giorni in Svizzera:

[blockquote cite=”Alberto Ginastera” type=”left”]«Non credo nell’arte compromessa, didattica o ideologica. L’unico impegno che l’arte deve avere è l’impegno estetico.»[/blockquote]

Un principio ferreo che mai tradì, nemmeno quando la censura lo portò lontano dalla sua patria, difendendo sempre estremamente la libertà creativa.

https://www.youtube.com/watch?v=d82hQp_DYQw

Marta Jane Feroli

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

Written by Marta Jane Feroli

Diplomata e laureata brillantemente in flauto traverso e violoncello, da sempre appassionata di ricerca musicologica.

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