Sincronie Festival

a spasso nel ‘900

Autore: Michela Marchiana

3 Febbraio 2020

Nell’immaginario collettivo, soprattutto, e forse ormai solo unicamente, in Italia, c’è una diffidenza nei confronti della musica contemporanea, come se fosse una nicchia all’interno della nicchia che già rappresenta la musica classica, o, per meglio dire, colta.

Nel paese del belcanto si tende a rimanere ancorati al buon tempo antico, perché luogo di certezze, di semplicità, di bellezza indubbiamente, ma di una bellezza conosciuta, mai vecchia e sempre inesplorata, ma senza quel pizzico di follia e azzardo nei confronti del futuro, del nuovo. La musica che viene chiamata “di repertorio”, non va oltre il XX secolo, a osare ed essere fortunati. Le certezze musicali, interpretative e di ascolto della musica fino a quel periodo sono un campo già esplorato, quindi per renderle al meglio, bisogna “solo” (non che sia una cosa semplice, anzi!) interiorizzarle, renderle proprie e profonde, intime. Talmente spesse e robuste sono queste radici che tutto ciò che tenta di superarle o distaccarsene non viene visto di buon occhio, ed eccoci giunti al punto, benvenuti nell’idea che ha un copioso numero di persone sulla musica contemporanea. Impossibile staccarsi da quelle radici, qualunque sia la novità in ballo, sarà inevitabile fare un paragone con quello a cui ci si appiglia come ancora di salvezza, salvezza dalla novità, dal totalmente inesplorato. Forse il più grande errore che si possa fare. Evidente è che paragonare due generi, musicali in questo caso, completamente diversi, che hanno in comune il solo fatto di essere musica, di provenire da un’unica grande madre, porta inevitabilmente a guardare con disprezzo o diffidenza l’ultimo arrivato. Molto più semplice e vantaggioso, ma anche più bello e interessante, sarebbe considerare i due generi musicali come diversi e come distinti, all’ascolto della musica contemporanea rinnovarsi mentalmente e svuotarsi dall’aspettativa che ci si è, anche inconsapevolmente, creati sulla base della musica di repertorio.

Basterebbe prendere esempio da chi è riuscito a superare questo limite, a chi considera di pari meraviglia, di pari dignità e di pari merito i due generi musicali. Fortunatamente di esempi di tal fatta ne abbiamo e sono dei gioielli rari e preziosi. Il Quartetto Sincronie fa parte di questi, delle poche (almeno in Italia) realtà che crede nella contemporanea e la porta avanti come proprio stendardo.

Il Quartetto Sincronie è formato da Houman Vaziri e Agnese Maria Balestracci al violino, Arianna Bloise​​ alla viola e Maria Miele​​ al violoncello, e nasce nel 2011, si forma e perfeziona presso la Scuola di Musica di Fiesole e presso l’Accademia W. Stauffer di Cremona. Premiato nella II edizione del Concorso Internazionale di Interpretazione di musica contemporanea F. Mencherini, selezionato con borsa di studio al workshop La creazione del timbro: gli strumenti ad arco amplificati… organizzato dalla Fondazione Cini di Venezia e, nello scorso anno, quartetto in residenza per le masterclass di composizione del Maestro Daniele Bravi.

Questi eroici quattro musicisti non solo innalzano e sventolano la bandiera della musica contemporanea, portandola avanti come questo genere merita, non solo continuano a studiare e amare la musica di repertorio, ma talmente ne sono appassionati e talmente rispettano la dignità di entrambi i generi che hanno creato un festival in cui poterli ascoltare, tutti e due.

Il Festival Sincronie, ideato e progettato dal quartetto con la Fondazione Mohsen Vaziri Moghaddam, fa camminare sotto braccio Maderna e Brahms, Bach e Sciarrino.

Festival Sincronie

Il focus è sulla musica contemporanea, d’altronde le Sincronie è il secondo quartetto di Luciano Berio, quindi per scelta, per passione e per missione si concentrano sul programma contemporaneo, ma, da programmi, come in tutte le stagioni e festival che si rispettino, i concerti saranno divisi in due parti, la prima in cui saranno protagonisti i quattro musicisti del Sincronie e la musica contemporanea, e la seconda in cui a loro si aggiungerà un ospite per ogni concerto per la musica di repertorio.

Tutti i concerti sono dedicati dalla Fondazione e dal Quartetto Sincornie alla memoria dell’artista Mohsen Vaziri Moghaddam ad un anno dalla sua scomparsa.
La Fondazione Mohsen Vaziri Moghaddam è stata creata a Roma, per volere dell’artista e dei suoi figli.
Il festival mira ad essere un’occasione per un fortunato connubio tra Arte e Musica, atto a risaltare sia le opere di Vaziri, il pioniere della moderna astrazione iraniana, sia le composizioni ad esse associate.

Fondazione Vaziri


I luoghi in cui verranno ospitati i concerti, e le opere d’arte, sono tre, tutti nel panorama romano e tutti meravigliosi: una sala all’interno del complesso dell’Ex Cartiera Latina, situato all’interno del Parco Regionale dell’Appia Antica, delle sale del Palazzo Merulana a Roma e del Castello di S. Severa.

Nello specifico il festival avrà inizio il prossimo 10 febbraio, con un concerto dedicato alla Generazione dell’80, e continuerà con un concerto al mese, fino al 21 giugno, giorno della festa della musica, in cui si potranno ascoltare composizioni giovanissime, viventi, di Bravi, Gervasoni e Sciarrino.
Proseguendo in ordine il concerto di marzo (il 9) sarà dedicato al secondo Novecento, con focus su Petrassi e Malipiero uniti a un quartetto di Scelsi, ad aprile ci saranno due date, una di “riposo” per il quartetto, il 6, dedicata interamente al violoncello, e il 20 aprile sarà una grande giornata, di festeggiamenti, più delle altre, perché prenderà vita un concerto interamente dedicato a Bruno Maderna, figura di rilievo assoluto per l’avanguardia del secondo dopoguerra, e tra i primi nomi a balenare in mente al pensiero della scuola di Darmstadt, per il suo centenario. Si prosegue con un concerto dedicato a Berio e Donatoni l’11 maggio, per giungere al già menzionato 21 giugno.
Gli ospiti di ogni seconda metà di concerto saranno Luca Sanzò, che in apertura di stagione suonerà con il Sincronie il Quintetto per archi op. 111 di Johannes Brahms; Giovanni Vai e Perla Cormani, due clarinettisti invitati rispettivamente per il Winterquintett per clarinetto e archi (1976) di Riccardo Malipiero durante la seconda data del festival e per il Quintetto per clarinetto e archi op.115 di Brahms per la data di maggio; Adrian Pinzaru e Francesco Dillon, che si aggiungeranno al quartetto per suonare nel concerto di chiusura della stagione il Sestetto per archi op.36 di nuovo di Brahms. La monografia del violoncello è affidata ai due violoncellisti Rohan de Saram, Claudio Pasceri, mentre per quanto riguarda la festa di Maderna, insieme al Quartetto Sincronie festeggeranno l’Opificio Sonoro e Luca Bloise.

Un festival che è un mix di arte, musica, ingegno e genialità, competenza e novità. Un festival grazie al quale un gran numero di persone potrà vantarsi e sentirsi orgogliosi di aver ascoltato un genere musicale che è, come si diceva in introduzione, poco eseguito, poco conosciuto e visto con occhio pregiudiziale e critico a prescindere, che rappresenta invece un mondo da scoprire.

Michela Marchiana



Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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