Viaggio sentimentale nei Dichterliebe

di Robert Schumann

Autore: Ottavia Pastore

9 Maggio 2019
Si spensero entrambi nel 1856, Robert Schumann aveva solo 46 anni, Heinrich Heine poco meno di sessanta. Si incontrarono una volta di persona, nella primavera del 1828 a Monaco, dove il diciottenne Schumann si fermò nel suo viaggio attraverso il sud tedesco. Heine, allora trentunenne, officiava nella metropoli bavarese come editore di riviste al servizio della casa editrice Cotta. Qui il compositore rimase fortemente colpito da Heine e la sua stima nei confronti del poeta si espresse anche artisticamente con la realizzazione del suo più famoso ciclo di Lieder, l’opera Dichterliebe. Schumann trasse i testi dalle sessantacinque poesie che formano la raccolta Lyrisches Intermezzo, pubblicata da Heine come seconda parte del Buch der Lieder nel 1827.
Il compositore ne scelse venti da musicare e riorganizzò l’ordine delle poesie, alterando alcuni testi al fine di creare una narrazione di stampo ciclico. Il ciclo dei Lieder, inizialmente respinto da diversi editori, fu pubblicato nel 1843 dalla casa editrice Peters, sebbene i brani furono ridotti a sedici nella versione definitiva. Esso fu eseguito per la prima volta in pubblico ad Amburgo nel 1861 dal baritono Julius Stockhausen, celebre cantante che aveva studiato con Manuel Garcia al Conservatoire de Paris, e in seguito anche da Johannes Brahms al pianoforte.

[blockquote cite=”Robert Schumann” type=”left”]“In alcuni momenti la poesia indossa la maschera dell’ironia per nascondere il suo volto di dolore, forse per un momento la mano amica di un genio potrebbe sollevare quella maschera, così che le lacrime selvagge possano trasformarsi in perle.”[/blockquote]

Come Heine, anche Schumann inizialmente fu spinto a studiare legge ed entrambi decisero di abbandonare l’attività forense per perseguire una carriera creativa, nel caso di Schumann, come compositore e pianista. Fin dall’infanzia, Schumann era un lettore vorace, infatti dall’età adulta, divenne anche un critico musicale, nonchè fondatore ed editore della Neue Zeitschrift für Musik. Il musicista si avvicinò alla letteratura attraverso le letture di Richter ed Ernst Th. A. Hoffmann, allo stesso modo nutrì una certa predilezione per la poesia di Schiller, Byron e Jean-Paul e più tardi anche verso quella Goethe, Rückert, Eichendorff, Tieck, Chamisso e Lenau.
Di conseguenza anche la produzione creativa di Schumann venne plasmata dalle influenze letterarie a partire dal 1831 e ciò lo mostra la presenza nelle sue composizioni di una doppia personalità letteraria, con due distinte metà duellanti: Florestan, la rappresentazione dell’attivo e del passionale, ed Eusebio, sognatore e più contemplativo.
L’incontro con Heine fece sì che le due personalità si integrassero a tal punto che pare difficile credere che i Dichterliebe siano frutto di due distinti autori.
Questo amore per il poeta porta il compositore a musicare sui suoi versi numerosi altri brani della sua produzione, tra cui il famoso Liederkreis op. 24, scritti nel 1840 e caratterizzati da una omogenea fusione tra il canto e la parola, di cui la musica vuole sottolineare ogni particolare sfumatura, affidando alla voce solista gli stessi intenti espressivi del pianoforte.

Il fascino della poesia di Heine è dovuto principalmente a una variegata commistione di elementi ambivalenti, enigmi, allegorie, allusioni, sogni e soprattutto contraddizioni. Essa appare dominata dal contrasto fra l’attrazione per il romanticismo e la rivolta sarcastica contro di esso, per cui tale dissidio, evidente soprattutto nella lirica, da un lato ricrea e dissolve il linguaggio e il sentimentalismo romantico, dall’altro rivela in contemporanea uno scrittore nostalgicamente attratto da quel mondo di idee e di affetti che sta consapevolmente lacerando. Egli era capace di mescolare l’onestà con l’ironia, l’autobiografia con la fantasia e i sentimenti umani come l’amore e l’odio, di cui i Dichterliebe ne sono uno dei più rilevanti esempi.
In particolare, le sedici liriche di Heine qui raccolte, ci narrano una delusione amorosa, i cui toni dolorosi sono spesso attraversati da un’ironia pungente e amara. Il noto baritono Dietrich Fischer-Dieskau spiega che il titolo Dichterliebe è stato probabilmente tratto da una frase di Rückert: “L’amore del poeta ha sempre incontrato sfortuna”.
Ivi, la rappresentazione dell’amore diviene drammatica e complessa e risonanze interiori più varie e sfaccettate.
Molto probabilmente le contraddizioni intrinseche di Heine si appellavano alle personalità divise di Schumann, trovando una piena corrispondenza e complementarietà nelle liriche. Queste sessantasei poesie della raccolta originale esplorano le emozioni di qualcuno che ha appena perso un amore, e spesso sono proprio le emozioni contrastanti che si intrecciano in un vorticoso tormento nello stesso poema, senza riuscire ad intravedere lo scopo ultimo di queste contraddizioni, velato dallo stesso mistero in cui è avvolta la sua poesia.

Per i Dichterliebe Schumann si ispira a questi versi dando vita ad una vera e propria identificazione autobiografica in cui proietta le sue lacerazioni interne e gli ostacoli di una storia d’amore frustrata che lo portarono a dedicarsi totalmente alla poesia e al canto.
Infatti, fu proprio l’intimo sodalizio che il compositore strinse con Clara Wieck, figlia del suo maestro di pianoforte e sua futura consorte nel 1840, a rappresentare sicuramente il motivo dominante di queste sue sublimi creazioni.
Nei Dichterliebe emergono gli avvolgenti disegni del pianoforte, i ritmi incalzanti, gli incisi melodici che costituiscono un tutt’uno con le linee vocali. Ogni Lied, infatti, si chiude con corpose cadenze pianistiche, che a volte rielaborano e trasformano il tema fondamentale.
I Dichterliebe, inoltre, richiamano le melodie della musica per pianoforte di Schumann che danno voce ai pensieri e ai sentimenti dell’autore, mentre le parole talvolta fungono da semplice ornamento, in un continuo scambio di ruoli fra canto e strumento: non sempre la trasposizione musicale riesce a restituire le medesima profondità dei versi del poeta, cosi come mediocri spesso poesie riescono a risaltare attraverso pregnanti linee melodiche. Inoltre, in molti dei Lieder è tipico di Schumann attribuire al pianoforte il raddoppiamento della linea della voce, in modo tale che rimangano costantemente avvinghiate l’uno all’altra.

[blockquote cite=”Robert Schumann dal Neue Zeitschrift für Musik” type=”left”]“La voce del canto non è del tutto sufficiente da sola: non può portare a termine tutto il compito dell’interpretazione senza un aiuto. Oltre alla sua espressione generale, devono essere rappresentate anche le più fini sfumature della poesia, purchè la melodia non ne soffra.” [/blockquote]

La voce del pianoforte doveva risultare responsabile di qualunque mutamento del significato e dell’atmosfera espressiva del testo. In tal caso il pianista non si limita ad un sostegno armonico ed espressivo, ma diviene protagonista predominante del discorso musicale, è colui che rivela vere e proprie emozioni, sfumate sotto la declamazione del cantante, travolgendo l’equilibrio testuale originario. Perciò la melodia vocale e la poesia non costituiscono più il baricentro essenziale dei Dichterliebe, ma unitamente al pianoforte che ne nobilita il significato evocativo e l’intensità, ne trasfigurano in senso autobiografico il messaggio artistico. Di seguito analizziamo alcuni dei più toccanti Dichterliebe.

Il desiderio malinconico e ambivalente del primo Lied dei DichterliebeIm wunderschönen Monat Mai,  viene introdotto dalla morbidezza struggente della melodia del pianoforte che trascina l’ascoltatore in un continuo amalgamarsi con la linea vocale, mentre l’armonia instabile oscilla tra il maggiore e il relativo minore, prima di stabilirsi su un settimo accordo dominante irrisolto. Questa incertezza armonica crea un’atmosfera tormentata, in cui la malinconia e la disperazione echeggiano, nonostante queste dolci parole. Il desiderio che pervade questo primissimo Lied trova espressione nella linea ascendente in chiusura di ogni strofa, uno slancio reso ancora più intenso dal crescendo verso il punto culminante. Qui l’amore si è appena dischiuso, adottando le metafore del fiori che sbocciano e gli uccellini che cantano, per cui non vi è ancora nessun negativo presagio all’orizzonte per i due amanti.

In Ich will meine Seele tauchen il primo accordo è una settima maggiore, la sua apparizione senza preparazione e senza annunciare la tonica, è sorprendente poichè mostra che il linguaggio armonico è molto più complesso del linguaggio tonale classico. La linea melodica della voce è intervallata e intrecciata alle note acute in ribattuto della mano destra del piano, che sembrano volerla sostenere con delicatezza. Inoltre, a battuta 19 troviamo una quinta aumentata che aggiunge una ulteriore tensione e segna tanto più l’amarezza del cuore del poeta, resa esplicita negli ultimi due versi dal ricordo del bacio che l’amata gli diede “un tempo, in un’ora dolce e meravigliosa”. Si può notare come il postludio sia estremamente espressivo e rappresenti il punto culmine di tutto il Lied attraverso la melodia nostalgica del disegno discendente affidato alla mano destra del piano.

La maestosa sesta canzone Im Rhein, im heiligen Strome evoca l’immagine della magnifica cattedrale di Colonia sulle rive del Reno. Questa musica ha poca fluidità e l’andamento che segue ricorda quello della marcia funebre. Ispirato ai preludi corali di Bach, il pianoforte domina attraverso un potente motivo discendente con ritmi puntati costanti che esprimono grande maestosità, e si espande minaccioso a sorreggere e rinforzare le note gravi del cantante, le quali seguono la forma semplice ed espressiva di un corale barocco. Qui egli fa riferimento ad un dipinto della cattedrale in cui paragona le sembianze della vergine a quelle della sua amata, attribuendole un’aura di sacralità.

In Ich grolle nicht  emerge con impeto il dramma amoroso come recita l’inizio del secondo verso “Ewig verlor’nes Lieb!” (amore perduto per sempre), in cui egli si rifà al grande stile operistico. L’ironia di Heine in questi casi viene resa musicalmente attraverso il battito veemente degli accordi del piano, le massicce ottave nella mano sinistra e le rabbiose ripetizioni del cantante della frase “Ich grolle nicht”. Siamo in Do maggiore, con una dinamica generale piuttosto forte che apporta alla musica un carattere trionfale. Si hanno per lo più accordi diminuiti e di sesta napoletana, che donano a questa musica un retrogusto amaro e rancoroso.
Mentre negli altri Lieder vi era una maggiore ambiguità ritmica e armonica, questo è caratterizzato da una spiccata nitidezza espressiva.   Al pianoforte accordi stretti e suoni sono ripetuti come colpi di martello, a cui si aggiunge il basso in ottave nella parte bassa del piano. Egli utilizza diversi espedienti, come ad esempio il ritardando, che talvolta gli permettono ancora una volta di esaltare il testo.
La voce qui si rivela molto chiara ed estroversa mentre il postludio del pianoforte contribuisce notevolmente a rafforzare il ritmo con accordi stretti e molto pesanti. Gli ultimi tre accordi suonano come il colpo di grazia a rappresentare una lotta contro l’amore.

Das ist ein Flöten und Geigen è una danza vorticosa senza sosta, in cui gli accordi della mano sinistra sono ben scanditi al fine di accentuare la figurazione di trombe e timpani, citati nei versi del Lied. Notiamo una serie di modulazioni che rendono brutalmente i cambi di armonia, inoltre gli accenti, apparentemente festosi, celano l’amarezza del poeta, come indicano gli ultimi due versi “in mezzo singhiozzano e gemono gli angioletti amabili”. L’asprezza nella voce è raffigurata con ampi salti mentre il postludio mostra accordi piuttosto pesanti, infatti, nelle ultime quattro misure, i cromatismi a destra e a sinistra divengono metafora del poeta, che languisce all’ombra di questo spettacolo macabro.

Ich hab ‘im Traum geweinet evoca gli incubi e la disperazione rassegnata del triste amore, come recitano i primi due versi “Io ho pianto in sogno, sognai che nella tomba eri stesa”.
La scrittura è presentata come un dialogo tra voce e pianoforte. Qui il cantante effettua un recitativo rigido e non accompagnato, mentre il pianoforte commenta con accordi staccati, in un continuo alternarsi sommesso, che si apre leggermente nell’ultima strofa, quando si incontrano le due parti, per poi richiudersi sconsolatamente sui due accordi secchi del pianoforte. Qui dominano i momenti di silenzio che lasciano l’ascoltatore alla sua immaginazione nella risonanza e nell’attesa delle note che lo circondano.

Die alten, bösen Lieder,  l’ultimo brano del ciclo, è definito dal baritono Fischer-Dieskau “un pezzo grottesco e stravagante.” Il tono eroico delle ottave massicce del piano, sottolinea fin dall’inizio l’umorismo di Heine, esasperando il primo battito di ogni misura attraverso l’accento posto da Schumann. L’immagine metaforica è quella di una bara che sprofonda nelle acque del Reno, in cui il poeta vuole seppellire non solo i canti maligni, ma anche il suo amore e il suo dolore, per questo la bara deve essere “ancora più grande della botte di Heidelberg”, “ancora più lunga del ponte di Magonza” e portata da dodici giganti “ancora più forti del San Cristoforo del duomo di Colonia”.

La voce incalzante e imponente sfuma l’asprezza della declamazione in un soave adagio, di poche battute, che si abbandona ad un bellissimo postludio di consolazione, mediante il moto discendente del pianoforte a chiudere l’intero ciclo.
Alla fine, Schumann aggiunge un tocco personale di dolcezza nel delicato epilogo di diciassette misure, ispirandosi al dodicesimo Lieder Am leuchtenden Sommermorgen che invece rimanda ad espressioni di perdono e riconciliazione, senza che il contenuto della poesia di Heine lo avesse in qualche modo previsto.
Una sorta di non rivelata, ma sussurrata speranza d’amore.

[blockquote cite=”Die alten, bösen Lieder” type=”left”]

ihr, warum der Sarg wohl
So gross und schwer mag sein?
Ich senkt auch meine Liebe
Und meinem Schmerz hinein.

Sapete come mai una bara,
sia così grande e greve?
Dentro vi ho calato anche
il mio amore e le mie pene.

Ottavia Valentina Pastore

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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