Antonii Baryshevskyi, dall’Ucraina all’Italia
Autore: Alessandro Tommasi
Secondo premio al Buoni di Bolzano, Primo premio al Rubinstein di Tel Aviv, come si è costruito poi il tuo percorso?
Non è semplice costruire una carriera. Quest’anno ho inciso due CD, uno con orchestra, uno con coro, e ho spesso concerti in Germania, Italia, molti in Ucraina ovviamente. Ma non posso certo affermare che la mia sia una carriera stellare, nei massimi circuiti. I concorsi ti danno una chance, ma non ti danno alcuna garanzia.
Sei noto per il tuo gusto per gli autori meno conosciuti e la musica contemporanea. Perché hai scelto di approfondire ed esplorare questi repertori?
Perché è comunque musica! È davvero strano che si divida la musica tra “classica” e “contemporanea”. Il vero fattore principale è se quel brano sia interessante o meno, se quell’arte ti parli personalmente e intimamente. Per questa ragione amo molto autori come Beethoven, Schumann, Skrjabin, Ustvolskaja e sono interessato alla musica di Cage, Stockhausen, Furrer, Sciarrino, giusto per fare degli esempi. Ma devo ammettere di non sentirmi vicino a Schubert, Boulez, Liszt, Glass e, ho paura a dirlo, Mozart…
Al Festival Cristofori eseguirai i Preludi op. 44 e due dei Riflessi op. 15 di Boris Lyatoshinskij. Si tratta di un autore praticamente sconosciuto in Italia. Quali sono le sue caratteristiche? E perché hai deciso di suonarlo?
Lyatoshinskij è stato uno dei grandi fondatori della scuola di composizione in Ucraina, specialmente a Kiev. Negli anni ’20 è arrivato a scrivere come un appassionato modernista, con un enorme pathos espressionista. Più avanti si rivolse invece ad uno stile meno moderno, ma sviluppò il suo personale linguaggio tardo-romantico, con l’uso di melodismi popolari ucraini. E questo è esattamente il motivo per cui lo presenterò in questo programma!
Il focus del Festival, infatti, è il rapporto tra compositori e canto popolare. Ritieni che i compositori slavi, come quelli che eseguirai, abbiano una relazione speciale con la loro tradizione musicale?
C’è una famosa citazione da Glinka che recita: «Il popolo crea e noi, compositori, ci limitiamo a trascrivere». Questa per molti anni è stata una linea generale per i compositori russi, specialmente per il grande “kutchka”, anche noto come il Gruppo dei Cinque composto da Moussorgskij, Borodin e gli altri. Più tardi sarebbe stato centrale anche per Čajkovskij, Stravinskij e Rachmaninov in Russia e Lysenko e Lyatoshinskij in Ucraina. Era anche una delle idee principali del cosiddetto “realismo socialista” nell’Unione Sovietica: la musica doveva avere qualche connessione con le persone semplici, persino i contadini dovevano poterla comprendere. Ma la vera musica popolare slava non ha nulla a che vedere con gli arrangiamenti sovietici di canti popolari. La grandezza di un autore come Stravinskij, poi, è che quando il principio di costruire melodie popolari con brevi motivi gli diventò assolutamente naturale, iniziò a scrivere qualcosa di completamente nuovo, come se fosse già stato creato, come se provenisse da una tradizione. E così raggiunse un ulteriore livello di questo rapporto con la musica popolare.
Written by Alessandro Tommasi
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