La “Suite for Flute and Jazz Piano Trio” di Bolling

Sulla scia di Duke Ellington e dell’eredità lasciata dai primi grandi pianisti jazz, Claude Bolling si va a collocare nell’ultima generazione di jazzisti come compositore innovativo e versatile.

Autore: Livia Gatto

1 Aprile 2017
Nato prodigio, si forma nel pianoforte jazz e quello classico, entrambi fondamentali per la sua futura carriera, e sviluppando una tecnica eccezionale. Bolling vanta collaborazioni con jazzisti internazionali: Roy Eldridge, Bill Coleman, Oscar Peterson, che lo rendono tra il 1950 e il 1970 un artista di fama mondiale.

Collabora anche con musicisti classici: come Jean-Pierre Rampal, uno dei più grandi flautisti del XX secolo. Lo stesso Rampal chiese inizialmente a Bolling di comporre qualcosa che fosse ”classico” per il suo flauto e jazz per il piano, dato il vivo interesse che nutriva per questo genere:

”Adoro il jazz, senza sapere come suonarlo, ma sogno di avere un’esperienza con musicisti jazz” 

Dalla richiesta, simile piuttosto a una sfida, nasce la prima Suite for Flute and Jazz Piano Trio del 1975.

Accolta in breve tempo dalle classifiche nei primi anni settanta, questa suite entra a far parte di un genere noto come cross-over music, che fonde differenti linguaggi musicali, dato che la composzione in sé è un punto d’incontro fra il barocco e lo swing. Nella sua prima registrazione la coppia Bolling-Rampal fu affiancata da Max Hédiguer al basso e Marcel Sabiani alla batteria, che completano insieme al pianoforte la formazione di trio.

https://www.youtube.com/watch?v=i8Z349QIN1s

 

La suite è in sette movimenti, ognuno dei quali mette in evidenza il riuscito contrasto fra i due stili.

Il primo, Baroque and Blue inizia con un tema giocoso in Maggiore squisitamente barocco, suonato dal flauto e dal pianoforte e che varia successivamente in stile blues. Entrambe le voci si susseguono lungo tutto il movimento riprendendosi a vicenda sotto forma di canone o alternandosi per cantare il tema. Un Cantabile dolcissimo segna l’inizio di una nuova sezione musicale che si fa sempre più decisa fino all’arrivo di un lungo trillo cromatico. Dopo una ripresa del tema la parte termina con una breve coda in stile puramente jazzistico.

Nel Sentimentale, l’aria malinconica è definita sin dall’inizio da una progressione di arpeggi suonati ininterrottamente dal pianoforte che passano in secondo piano dopo l’entrata del flauto. Come nel Baroque, anche qui l’improvvisazione solistica si inserisce in un secondo momento, benchè permeata da elementi classici lasciati spesso al flauto. Javanaise, è un tempo vivace in 5/4 che riprende il ritmo valzeristico di una danza.

https://www.youtube.com/watch?v=zKx14ZLtCYI

Il Fugace, come anticipa il titolo stesso, è un tributo alla forma contrappuntistica tanto cara a Bach, ma nonostante qui sia resa in una scrittura jazz, conserva i divertimenti energici e le tipiche progressioni bachiane. Irlandaise è un movimento nostalgico e cantabile, che mantiene lo swing e una particolare finezza musicale.

https://www.youtube.com/watch?v=7ODT-SMbB6A

Nel Versatile, lo swing è evidente grazie alle improvvisazioni maggiormente libere del flauto. Il Veloce, in chiusura della suite, è un movimento assai dinamico: nella prima parte l’atmosfera risoluta è scandita dagli arpeggi e dalle scale agili del pianoforte. Concluso il primo tema, il solo del flauto interrompe questo flusso energico che ritorna nella ripresa finale del presto.

Ripercorrendo la suite risulta evidente la modernità data dalla versatilità degli strumenti, anzitutto circa le due voci principali: il flauto stesso segue pattern sempre più liberi; poi dall’eterogeneità della musica, che non solo per quanto riguarda la forma classica della suite, si svincola dalle regole subendo cambi di tempo e modulazioni frequenti, ma risulta molto dinamica e varia efficacemente nei mood sonori.

La suite è un esperimento piacevolmente riuscito, che stimolò Bolling nel comporre altra musica cameristica di questo stampo, a dimostrazione che il jazz e la classica non sono poi due generi così tanto distanti.

Livia Gatto


 

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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