Dall’ensalada a Bernstein: la storia della musica con coltello e forchetta

Tentare di associare al mondo della musica classica l’universo gastronomico è impresa assai meno ardua di quanto si potrebbe pensare ad un primo pensiero.

Autore: Fabio Valente

9 Dicembre 2016

Banalmente, la sola, celebre figura di Gioachino Rossini, acclamato compositore nonché buongustaio per antonomasia, funge da perfetta congiunzione tra i due suddetti emisferi. Il pesarese, al quale si deve l’invenzione di numerose ricette ancor oggi in voga, innalzò tanto il proprio amore per il cibo al punto da dedicare a questo suo vizio ben più di una composizione. Tuttavia, Rossini non fu il solo, nè il primo, a trarre ispirazione dalle più banali vivande per costruire un proprio lavoro. Già Bach, prima di lui, partorì l’idea, senza dimenticare Adriano Banchieri o Robert Dowland. Ma andiamo con ordine.

Ensalada. Già nel secolo sedicesimo, sotto questo nome si raccoglievano composizioni vocali poco canonizzate, fatte di citazioni popolaresche, melodie sacre e profane combinate assieme. Similmente all’azione di un cuoco che mesce ingredienti per ottenere un prodotto, così accadeva per tali composizioni, forse tra le prime di cui abbiamo notizia e che traggono il loro nome dal mondo gastronomico.

Agli inizi del secolo successivo, è la figura di Adriano Banchieri a regalare i migliori e più curiosi esempi di composizioni nate dall’ispirazione regalata da una tavola imbandita. Banchieri, monaco bolognese e ingegnoso autore, compone nel 1604 uno Zabaione Musicale, a cui segue, quattro anni più tardi, il Festino nella sera del Giovedì grasso avanti cena. Ancor più lampante ed interessante risulta l’originale rivisitazione, dello stesso Banchieri, di un celebre madrigale di Palestrina: l’aulico vestiva i colli e le campagne intorno si trasforma sotto la penna dell’acuto bolognese in rostiva  i polli e le castagne al forno. Correva l’anno 1598. Per onor di cronaca, citiamo anche il Convito musicale (1610) di Orazio Vecchi e un Banchetto musicale con varietà di deliziose arie di Robert Dowland, graziose variazioni nate da una fonte comune.

Non poteva mancare nel nostro bignami gastronomico-musicale la celebre Cantata del Caffè di Johann Sebastian Bach, composta nel 1734 su libretto di Picander. In tono assai umoristico, Bach narra in musica la vicenda di una giovane con il vizio di bere caffè. Il padre della protagonista, contrario a tale abitudine, impedisce alla ragazza di sposarsi sino alla perdita del vizio stesso. La giovane acconsente, ma nello sposarsi pone segretamente la clausola di matrimonio per cui, una volta accasata, le sarà concesso di bere caffè liberamente. Nell’ilarità del contesto, tale cantata ci traghetta avanti di quasi un secolo, sino alla figura di Gioachino Rossini.

Tournedos, tacchino ripieno alla Rossini, filetto di sogliola alla Rossini, la torta Guglielmo Tell, i pasticcini Figaro, ma anche il risotto al midollo di bue e i cannelloni alla Rossini sono solo alcune delle ricette tramandate dal goloso compositore pesarese ai posteri. Anche sulla carta stampata, Rossini lasciò una appetitosa eredità: l’aria Di tanti palpiti, dal Tancredi, era confidenzialmente conosciuta come l’aria del riso, poichè nacque dalla mente di Rossini in un ristorante veneziano, mentre il compositore attendeva la giusta cottura del suo riso. Meritevoli di menzione sono anche i cosiddetti Peccati di vecchiaia, raccolta di piccoli pezzi per pianoforte tra i quali spiccano gli antipasti e i desserts. E’ così che ravanelli, acciughe, burro, fichi, uva, mandorle divengono i protagonisti di queste geniali composizioni dell’ultimo Rossini. Datato 1858 è invece lo scherzo musicale di Johan Strauss Jr. conosciuto come Polka dello Champagne. Dal carattere più che spumeggiante, la composizione dell’austriaco fu spesso eseguita in occasione dei concerti estivi della tenuta di Pavlosk, nei pressi di S. Pietroburgo. Ad essa si accompagna, nel novero delle numerosissime composizioni dell’autore, anche una Kotelet-Polka (Polka della cotoletta) assai meno nota.

Giungendo più vicini ai giorni nostri, la quantità di composizioni appartenenti a questa particolare categoria aumenta spropositatamente. Citando rapidamente i Tre pezzi in forma di pera di Erik Satie e la Banquet Fugue del contemporaneo John Rutter (la quale termina con un geniale “burp” onomatopeico), chiudiamo il nostro viaggio in compagnia di Leonard Bernstein. Il compositore americano, ispirandosi allo scritto La Bonne Cuisine Francaise di Dumont, mise per iscritto nel 1948 Quattro ricette per voce e pianoforte, denominate nell’ordine budino di prugne, coda di bue, petto di pollo e salmì a tutta velocità. Eclettiche, geniali, caricaturali, tali ricette in musica chiudono momentaneamente questo nostro percorso, sempre pronto ad ampliarsi grazie a nuovi spunti. La ricerca, coltello e forchetta alla mano, continua.

Fabio Valente

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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