La musica di Vermeer

Il contributo della musica all’opera di Jan Vermeer è indiscutibile. Ben dodici di trentasei dipinti attribuiti con certezza al pittore olandese hanno come tema la musica. Il legame è talmente forte che tre anni fa, nel 2013, Betrsy Wieseman ha curato un’importante mostra presso la National Gallery di Londra intitolata “Vermeer & Music: The Art of Love and Leisure”.

Autore: Redazione

2 Maggio 2016

Nella mostra, per intensificare ancora di più il rapporto inscindibile tra Vermeer e la musica, sono stati anche esposti alcuni degli strumenti più popolari dell’epoca e sono state proposte varie esecuzioni di musica contemporanea dai musicisti dell’Accademia di musica antica, tra i quali la Sinfonia Sacra di Nicolaes a Kempis risalente al 1649. Tra gli strumenti più popolari nel diciassettesimo secolo oltre al liuto, alla cetra e alla chitarra, introdotta proprio in questo secolo dalla Spagna nei paesi del nord, protagonista strumentale indiscussa degli ensemble musicali era la viola da gamba. La viola, strumento più simile alla chitarra che ad un violoncello, in quanto strumento ad arco permetteva di suonare brani a carattere melodico ma, grazie alla sua versatilità, dava anche la possibilità di costruire degli accordi.  Altro strumento molto diffuso nelle case dei borghesi olandesi del tempo era il virginale o spinetta, una sorta di clavicembalo in scala contenuto in una cassa di legno, che spesso presenta una tastiera sulla destra per permettere alle corde interne di essere pizzicate.

Il maestro di Delft, come la maggior parte dei pittori olandesi del diciassettesimo secolo, utilizzò la musica come uno strumento per trasmettere nelle sue opere dei significati nascosti, oppure per inserire dei riferimenti velati per indicare la classe sociale di appartenenza dei protagonisti dei dipinti. Inoltre, non essendo ancora conosciuti a quell’epoca strumenti di registrazione, la musica era permeata nella vita del popolo olandese soprattutto per il suo carattere effimero che svaniva subito dopo la sua esecuzione, rilegando ai quei brevi istanti tutta la magia della musica stessa. Ma la musica del tempo era soprattutto un elemento aggregante, spesso presente in occasioni di feste e ricorrenze particolari nelle quali tutti partecipavano allegramente, animando i grigi cortili olandesi del tempo.

L’Olanda del diciassettesimo secolo viene ricordata per aver visto la fioritura dell’arte e della cultura dei Paesi Bassi, dovuta in parte anche alla scissione politica voluta da Guglielmo d’Orange dalla dominazione spagnola. La creazione della Repubblica Olandese e i suoi principi democratici che ne regolavano l’economia permisero all’intera regione di riscattarsi con il loro impero mercantile contro le più grandi potenze coloniali dell’epoca. La qualità culturale della vita olandese era altissima, si stima che in media in quegli anni ad Amsterdam c’erano ben dieci dipinti per casa e il motivo è, oltre che storicamente determinato, anche dovuto alla struttura stessa del territorio. In Olanda, soprattutto nelle grandi città, le famiglie non potevano materialmente investire in terreni come nel resto d’Europa e questo le portava ad investire in opere d’arte da custodire tra le mura domestiche.

È questo il contesto che accolse Johannes van der Meer, nato nel 1632 a Delft, punto strategico per la diffusione dell’arte olandese, da un importante commerciante di opere d’arte. È proprio nella bottega del padre che Vermeer passò i suoi primi anni, decidendo più tardi di voler iniziare a dipingere. Jan si iscrisse così alla Corporazione di San Luca, crocevia di tutti i futuri pittori del secolo. I primi anni della sua produzione artistica furono caratterizzati da tematiche principalmente storiche e religiose, enormemente distanti dalle ambientazioni classiche che siamo soliti attribuire all’artista olandese. Fu dalla conoscenza di altri artisti a lui contemporanei, come Fabritius, che Vermeer si avvicinerà alle tematiche musicali che poi segneranno gli ultimi anni della sua produzione.

Lezione di musica

  • La lezione di musica 1662. Il quadro ritrae un’enigmatica donna di spalle mentre suona una spinetta, che reca l’incisione “la musica è la compagna della gioia, la medicina del dolore“. I due protagonisti della tela, l’allieva e il maestro, sono collocati in posizione strategica nel punto focale dell’opera e restano volutamente quasi distaccati dal resto della scena, dove invece troviamo una viola posata a terra, come per evidenziare la riservatezza del momento tra i due. La viola nello specifico è uno strumento spesso rappresentato in situazioni coinvolgenti delle donne perché considerato per eccellenza portatore di femminilità e sensualità. È interessante poi notare che ogni riflessione narrativa sul dipinto è solo un’interpretazione estemporanea proposta dai vari critici nel corso della storia, in quanto lo stesso autore non diede mai un titolo all’opera, lasciando la sua interpretazione allo spettatore.

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  • Giovane donna in piedi al virginale, 1672. La donna sta suonando un muselar, strumento particolare simile al virginale che però si suonava in piedi. In questo caso, a differenza del precedente, è presente un quadro al posto dell’iscrizione sul coperchio dello strumento. Questo fa pensare che sia una versione molto più costosa dello stesso, perché la presenza di un quadro all’interno dello strumento era un lusso che accresceva ancora di più il valore dello strumento stesso. L’intenzione di Vermeer era quella di raccontare una scena quotidiana nel modo più generico possibile. La giovane donna infatti non starebbe a rappresentare nessuna committente in particolare, bensì una qualsiasi ragazza intenta a dilettarsi con la musica.

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  • Giovane donna seduta al virginale, 1674. La scena ritrae una donna, anch’essa nell’atto di suonare un virginale, adornata con abiti eleganti che contrastano invece con la stanza, cupa e polverosa, che la circonda. Il soggetto rappresentato poi stride con quello del quadro sullo sfondo, ritraente invece una prostituta mentre suona un liuto ai suoi corteggiatori. In questa tela emerge il ruolo della musica come creatrice di armonia. Difatti sembrerebbe che la fanciulla stia per essere coinvolta in un duetto anche grazie all’indizio della viola da gamba appoggiata in primo piano.

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  • La suonatrice di chitarra, 1672. Frutto di un Vermeer stilisticamente maturo, segna un cambiamento decisivo nella progettazione degli spazi della tela. L’artista infatti posiziona per la prima volta la protagonista sulla sinistra del quadro, spazio finora riservato all’entrata della luce dalla finestra laterale, elemento sempre presente nelle pitture del fiammingo. La particolarità del dipinto sta proprio nello strumento musicale rappresentato, una chitarra. La chitarra, per l’ambiente olandese del tempo, era vista quasi come uno strumento “esotico”, dovuto al fatto che proveniva dai paesi mediterranei, dove era usata principalmente per l’esecuzione di musica folkloristica e che quindi si addice al cambiamento radicale di atmosfera che lo stesso artista voleva creare. Sebbene Vermeer voglia rappresentare una scena quasi immacolata, in realtà proprio quest’opera presenta molte contaminazioni, riscontrabili ad esempio nelle impronte digitali che sono state trovate sulla tela, oppure dalla presenza di setole del pennello molto usurato che era stato usato da Vermeer e che testimonia anche una sua non ottimale condizione economica.

Nonostante la ricchezza ostentata nelle sue opere, tutte le ambientazioni che possiamo oggi ammirare sappiamo essere in realtà solo il frutto della sua fervida immaginazione. L’artista morì quando aveva solo una quarantina di anni, stremato dalla povertà in cui viveva con sua moglie e i suoi undici figli. La sua genialità artistica rimase sconosciuta fino al 1860, quando venne scoperto da un critico francese che finalmente lo valorizzò, ma fino ad allora nessuno aveva potuto apprezzare l’atmosfera che l’artista aveva cercato di creare nei suoi dipinti, che grazie al valore aggiunto dato dalla presenza della musica permette a noi oggi di poter vivere appieno l’arte dell’età dell’oro olandese.

Arianna Cedrone


Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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