Cinque modi per morire

A nascere, si sa, siamo bravi tutti. Già più arduo è distinguersi in vita per una propria peculiarità che permetta di riservare al proprio nome un posto nella memoria dei posteri. Senza dubbio poco comune è invece porre fine alla nostra naturale esistenza in una maniera degna di essere ricordata nei secoli.

Autore: Fabio Valente

8 Maggio 2016

Casualmente, il destino di molti compositori delle epoche più disparate pare essere stato piuttosto beffardo: altamente celebrati in vita, tanto da godere di fama e rinomanza a livello internazionale, i seguenti personaggi della storia musicale si sono resi protagonisti di macabri quanto involontari episodi per porre termine alle loro esistenze. E, in alcuni casi, oscurando addirittura parte del proprio successo in vita per fare posto nelle cronache alla loro originale maniera di morire.

Abbiamo selezionato così cinque dei più bizzarri, misteriosi, stravaganti di questi esempi, prediligendo quelli più lontani nel tempo e maggiormente avvolti da quella fumosa cortina di credenze popolari mista a verità che da sempre, immancabilmente, mai smette d’affascinare l’animo umano.

Johann Schobert (1735/40 – 28 agosto 1767)

Poco si conosce di questo compositore nato in Slesia: le fonti più affidabili ne datano la nascita nel 1720, nel 1735 e nel 1740, rifiutando una teoria comune e credibile. Certo è che fu attivo a Parigi ed in altre influenti cittadine francesi: proprio in Francia entrò in contatto con Leopold Mozart, divenendo precettore ed insegnante del prodigioso figlio di quest’ultimo, Wolfgang Amadeus. Oltre che insegnante di riguardo, Johann Schobert fu degno compositore di numerose sonate, trii e partite per violino, tastiera, violoncello, molte delle quali oggi purtroppo dimenticate.

Se è permesso dubitare largamente riguardo la data di nascita di tale compositore, pochi dubbi permangono oggi sul giorno della sua morte e soprattutto sul particolarissimo evento che ne fu causa. Schobert, di ritorno da un viaggio nei dintorni di Parigi, ebbe la nefasta idea di trattenersi in un boschetto al limitare della città per raccogliervi dei funghi che vi aveva scorto. Fiero del proprio bottino, si recò in un ristorante, dove chiese al cuoco di cucinarli per lui. Questi si rifiutò, giudicandoli a prima vista velenosi. Sdegnato, Schobert si allontanò e replicò la medesima richiesta in un secondo ristorante. Ricevuta ancora la stessa risposta si recò a casa, dove diede sfogo alla propria testardaggine cucinando per cena una zuppa di funghi con il proprio raccolto. Dopo poco Schobert si accorse dell’errore ma non v’era più nulla da fare: il compositore polacco morì dunque avvelenato, assieme alla moglie, uno dei figli, la balia e quattro conoscenti invitati quella sera a cena.

Jean-Baptiste Lully (28 novembre 1632 – 22 marzo 1687)

Fiorentino, figlio d’un mugnaio di povera famiglia, Giovanni Battista Lulli finì presto con il costruirsi una carriera nel mondo della musicale difficilmente auspicabile vista la sua umile origine. Notato da nobili francesi durante un tour in Italia mentre si destreggiava ballando e suonando il violino, fu da questi portato in Francia, dove esibendo il proprio talento finì con l’attirarsi le grazie di sua maestà Luigi XIV in persona. Fu solo questione di tempo prima che Lulli, divenuto Lully, potesse fregiarsi del titolo di Sovrintendente alla musica da camera del Re nonchè Sovrintendente dei Teatri Imperiali. Tra i compositori più influenti della sua epoca, giocò un ruolo fondamentale nello sviluppo della musica (in particolare operistica) della sua nuova patria, la Francia.

Sembra uno scherzo, ma digitando il nome di questo compositore su un comune motore di ricerca, buona parte dei primi risultati rimanda al curiosissimo episodio della sua morte, invece che ai successi da lui guadagnati in vita. Il motivo è presto spiegato: impegnato a dirigere un Te Deum da lui composto in presenza del Re, picchiò con violenza il bastone che era solito usare per dirigere sul proprio piede. Noncurante della ferita, portò a termine l’incarico. Nei giorni seguenti ebbe modo di accorgersi della gravità dell’infezione, rifiutando le proposte dei medici di amputare prima il piede, poi, con il peggiorare delle condizioni, l’intera gamba. Stando ad alcune cronache del tempo, Lully si lasciò persino persuadere da un ciarlatano che si reputava in grado di guarirlo tramite delle erbe magiche. Temendo l’intervento e attendendo invano un miglioramento della situazione, Jean-Baptiste Lully si spegneva due mesi dopo il tragi-comico evento, agonizzante ed ormai incapace di proferire parola.

Henry Purcell (10 settembre 1659 – 21 novembre 1695)

Senz’ombra di dubbio uno dei più grandi compositori dell’età barocca, Henry Purcell ha rappresentato per secoli uno dei pochi motivi di vanto per la nazione inglese nell’ambito della storia della musica classica. Capace già di comporre all’età di 9 anni, si guadagnò appena ventenne la stima di colleghi già noti e affermati nel panorama musicale europeo grazie ad una prodigiosa facilità nel comporre opere e musiche di scena ispirate a celebri plays shakespeariani unita ad un’altrettanto spiccata dote per la composizione strumentale. Bandiera della musica anglosassone, Purcell lega il proprio nome oggi alle toccanti pagine di Didone ed Enea e de La tempesta.

In pochi sono tuttavia a conoscenza della tragica maniera in cui il compositore londinese perse la vita, all’età di appena 36 anni. Le fonti tramandano come il rapporto tra Purcell e la moglie di lui fosse spesso conflittuale, fonte di numerosi litigi e malumori. La storia vuole che Henry, tornato incolpevolmente tardi dopo aver assistito alla rappresentazione di una sua opera, abbia trovato la porta di casa bloccata per errore dalla moglie. Impossibilitato ad entrare, si sarebbe ammalato di polmonite a causa delle temperature piuttosto rigide patite nella notte all’aperto. Stroncato dal malore, Purcell sarebbe morto pochi giorni dopo, all’apice della propria gloria musicale.

Frantisek Kocvara (1730 – 2 settembre 1791)

E’ semplice affermare senza paura di cadere in errore come la morte di Frantisek Kocvara sia stata l’unica ragione che abbia permesso al musicista boemo di passare alla storia. Virtuoso del contrabbasso e compositore di scarso successo – se si eccettua la sua unica composizione nota, La Battaglia di Praga – Kocvara fu autore di varie sonata, trii e quartetti per archi, trascorrendo gran parte della propria attività musicale in Inghilterra ed esibendosi nei maggiori teatri del Regno in veste d’acclamato solista.

La causa della sua morte, la quale ha permesso a noi posteri di vedere il suo nome apparire negli ultimi anni persino sugli schermi televisivi, è particolarissima ed è probabilmente il primo decesso documentato nella storia avvenuto per asfissia erotica. Ebbene, Frantisek Kocvara, al termine di una stancante giornata come tante tra i meandri di Londra, decise di intrattenersi con una prostituta inglese di nome Susannah Hill. Per la modica cifra di due scellini, le chiede di evirarlo, ma lei rifiuta. Alla ricerca di emozioni estreme, Kocvara decide quindi di avere un rapporto con lei legandosi una corda al collo ed annodandone l’altra estremità alla maniglia della porta della stanza. Non sono necessarie spiegazioni ulteriori, poichè dopo pochi minuti Frantisek Kocvara spira, soffocato dal suo perverso gioco erotico. Susannah Hill viene processata e scagionata e si chiede che le carte del processo vengano bruciate: così si crede per secoli, fino a quando il ritrovamento di tali documenti non riporta tristemente alla luce il nome del dimenticato musicista ceco.

Alessandro Stradella (3 aprile 1639 – 25 febbraio 1682)

Il caso di Alessandro Stradella, insigne musicista ed operista italiano, risulta quantomai singolare: giovane di ricca famiglia, si arricchì ulteriormente grazie ai successi delle proprie composizioni, in gran parte arie e cantate nello stile del tempo, ancora ventenne. Giunto a comporre su commissione di numerosi nobili, tra cui persino la regina di Svezia, iniziò così a vivere una vita dissoluta e caratterizzata inconsapevolmente dai vizi che presto gli risulteranno fatali. Abile donnaiolo e sfrontato amante, finì con l’intricarsi in spinose e scandalose relazioni amorose in alcune delle più importanti città italiane. Ritrovatosi così a fuggire nel silenzio da Roma mentre le sue composizioni vi giungevano trionfalmente, Stradella si recò a Venezia nel tentativo di trovare rifugio.

Tale rifugio si concretizzò sotto forma di impiego in qualità di precettore dell’amante di un nobile veneziano, che assoldò Stradella conoscendone la fama. Come il lupo perde il pelo ma non il vizio, così Stradella si ritrovò ben presto infatuato della donna. La tresca fu però presto scoperta e Stradella nuovamente costretto a fuggire. Raggiunto dai sicari del nobile veneziano a Roma, Stradella riuscì ancora a far perdere le proprie tracce. Sperando di continuare a depistarli, si mise in viaggio verso Torino, credendola una città sicura e adatta all’anonimato. Proprio a Torino, Stradella fu raggiunto dagli stessi assassini che lo pugnalarono al petto senza però riuscire ad ucciderlo. Miracolosamente guarito e finalmente sposatosi, fu trucidato da altri sicari a Genova, pochi giorni dopo, mentre si trovava a letto con la sua nuova moglie.

Fabio Valente

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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