Haydn, Beethoven e Liszt
con Nicola Losito
Autore: Livia Gatto
E’ quando il pubblico si deve ancora ricomporre dall’introduzione al concerto che il pianista attacca, quasi per evitare qualsiasi distrazione, la Sonata n.13 in Mi maggiore di Haydn. Tre brevi tempi affrontati con una limpidezza di suono singolare, la caratteristica che più emerge dalle mani del solista durante tutto il concerto. I piani e i forti improvvisi sono l’elemento di sorpresa della sonata, la cui scrittura così scoperta rappresenta una sfida dove il minimo dettaglio sonoro fa la differenza, ma Losito mostra tutto con chiarezza, padroneggiando l’intera sonata con un controllo che sorprende anche visivamente. In una scrittura tipicamente tempestata di scale veloci e abbellimenti, Losito non perde la lucidità, suonando con musicalità e precisione e raggiungendo la giusta concentrazione che gli permette di affrontare il resto del programma.
Le due successive sonate di Beethoven, che portano entrambe il sottotitolo di ‘’quasi una fantasia’’, sono opere giovanili che fanno da punto di svolta nell’ambito della forma-sonata e quello che aveva rappresentato fino a quel momento. La Sonata op.27 n.1 è una prima grande novità per l’epoca, non solo per l’appellativo che le viene dato ma perché il primo tempo è, differentemente a quello che si faceva al tempo, un movimento lento. Questo rende Beethoven uno dei primi a sperimentare nel campo, introducendo dei cambiamenti che poi apriranno la strada alle sue opere più innovative. Questa volontà di Beethoven di svincolarsi dalle regole tradizionali della forma si traduce musicalmente sotto la forma di fantasia che caratterizza un po’ tutti i movimenti di questa sonata. L’interpretazione che ne dà Losito è senz’altro coinvolgente e dipinge a dovere il lato più inquieto e tormentato della musica beethoveniana, specie nello scorrere di note incessante dell’Allegro vivace.
Si prosegue con la Sonata op.27 n.2, divenuta con il suo Adagio iniziale probabilmente uno dei brani più famosi di sempre, qui proposta in una versione che non si abbandona a sentimentalismi, ma resta fredda e al tempo stesso espressiva.
L’ultimo brano del concerto è la Rapsodia Spagnola di Liszt, una voce fuori dal coro nel programma che però rende giustizia alle abilità tecniche e interpretative del pianista. La rapsodia apre con il famoso tema della follia usato, tra gli altri, anche da Rachmaninov nelle sue Variazioni su un tema di Corelli. All’inizio presentato con dei tremoli nelle ottave più basse, il tema prende diverse forme spostandosi fra i diversi registri del pianoforte e cambiando di volta in volta carattere nelle mani del pianista in maniera molto efficace.
Il concerto termina tra gli applausi del pubblico entusiasta al quale Losito regala così tre virtuosi bis, gli Studi op.10 n.1, 3 e 12 di Chopin.
Livia Gatto
Written by Livia Gatto
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